Operazione "Eco Beach” a Giardini: "Patto stretto tra imprenditori e funzionari pubblici"
di Redazione | 16/12/2020 | CRONACA
di Redazione | 16/12/2020 | CRONACA
2355 Lettori unici
Sabatino, Raffa e Ferla
“È un’indagine particolarmente complessa, ampia e di rilevanza anche sociale, perchè bisogna far capire anche a chi ha una minore sensibilità verso i temi ambientali che questi reati danneggiano tutti, in un periodo in cui le catastrofi ambientali non sono più ipotesi remote”. Ha sintetizzato così il procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Messina, Rosa Raffa, l’operazione “Eco Beach”, che ha portato la scorsa notte i Carabinieri ad effettuare 11 arresti e notificare altri 5 provvedimenti cautelari tra Giardini Naxos e altre località siciliane, per un totale di 21 indagati per i reati di associazione per delinquere, attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, combustione illecita di rifiuti, invasione di terreni e deviazione di acque, abuso d’ufficio, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale e corruzione. Questa mattina i dettagli dell’indagine sono stati illustrati in conferenza stampa dal sostituto procuratore Raffa, che coordina l’inchiesta, dal generale di brigata Maurizio Ferla, comandante del Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale e dal colonnello Lorenzo Sabatino, comandante del Comando provinciale Carabinieri di Messina. “Siamo partiti da investigazioni su problemi ambientali di natura idrogeologica per gli straripamenti del torrente San Giovanni a Giardini Naxos - ha esordito il magistrato peloritano - rilevando che in una zona di impluvio vi era uno stabilimento in zona agricola che gestiva rifiuti, dove esercitava attività la ditta Eco Beach di Venerino Savio e dei suoi familiari, che operava con due tipi di autorizzazioni, entrambe illegittime: una in regime speciale rilasciata dalla Città metropolitana di Messina, che era falsa perchè basata su una falsa rappresentazione dei fatti e della realtà territoriale in quanto un insediamento industriale non sarebbe potuto sorgere in quei luoghi, e una in regime ordinario rilasciata dalla Regione, priva della valutazione di impatto ambientale. Abbiamo però verificato come né Città metropolitana né Regione controllassero effettivamente le attività svolte, nonostante fosse una società di assoluto rilievo, iscritta dal 2015 nell’albo nazionale dei gestori dei rifiuti”. I primi accertamenti specifici del Noe dei Carabinieri hanno verificato l’illegittimo trattamento dei rifiuti, anche speciali pericolosi, da parte della Eco Beach, che venivano smaltiti tramite interramenti o incendio, e i successivi controlli hanno fatto emergere il traffico illecito di rifiuti anche con altre società, tra cui la Ofelia Ambiente, falsificando la documentazione e rendendo impossibile la ricostruzione del percorso dei rifiuti. “Vi era una mancanza assoluta di controlli o effettuati su falsi presupposti - ha aggiunto il sostituto procuratore Raffa - grazie al contributo di Eugenio Faraone, funzionario della Direzione Ambiente della Città metropolitana, che dimostrava compiacenza nei controlli e nelle false attestazione dei documenti che risalgono a prima del 2011: il suo è stato un ruolo fondamentale nel seguire e consigliare Venerino Savio della Eco beach, Giuseppe Monaco di Ofelia e agli altri imprenditori, parliamo di un soggetto corrotto che riceveva utilità da Savio e dai suoi sodali per le sue compiacenze, come denaro, cene, pranzi e regalie alimentari, ed è emersa una stabile strumentalizzazione della sua pubblica funzione, snaturata dai principi di pubblica utilità messa a servizio degli imprenditori, a conferma del suo ruolo nell’associazione stabilmente integrato nel sodalizio che trafficava i rifiuti”. Tra gli indagati vi è anche un altro funzionario della Città metropolitana. Controlli sono ancora in corso alla Regione siciliana: “L’indagine è molto ampia, molto è stato accertato ma c’è la possibilità concreta di altri sviluppi” ha concluso Rosa Raffa. “Un illecito che parte dal dissesto idrogeologico e arriva all’interramento di rifiuti con il rischio di inquinamento del sottosuolo o lo sviluppo di diossine in caso di incendio, investendo quindi tutte le matrici ambientali - ha sottolineato il generale Ferla - emergono tutte le pessime intenzioni dei coinvolti finalizzate ad un profitto diretto o indiretto, il delitto ambientale è il mezzo per il conseguimento del fine, che è economico e va ben oltre l’impatto sull’ambiente. Gli indagati hanno messo in atto attività funzionali per far sì che il sistema reggesse anche di fronte ai nostri controlli, l’attività criminale si è incrementata dopo le nostre verifiche con il tentativo di mettere pezze giustificative a livello documentale nei formulari di rifiuti, con false attestazioni per dimostrare un corretto smaltimento dei rifiuti, in alcuni casi totalmente fittizi. Rifiuti che venivano recapitati agli impianti in modo lecito oppure non arrivavano e venivano sotterrati incendiati e prendevano altre destinazioni a danno dell’ambiente, in un caso siamo intervenuti in flagranza su un autotrasportatore che ha scaricato e incendiato gli scarti in mezzo a una campagna. Tutto il sistema si fondava anche su un intervento a favore dell’impianto che ha morfologicamente mutato le condizioni del torrente San Giovanni per il passaggio dei mezzi pesanti, con il rischio di disastro idrogeologico viste le condizioni di quella zona che non rispondono ai requisiti di sicurezza”.