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La storia di S. Teresa: i marinoti che non volevano l'autonomia da Savoca
di Salvatore Coglitore | 14/06/2016 | STORIA
di Salvatore Coglitore | 14/06/2016 | STORIA
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Giuseppe Caminiti e Francesco Perroni Paladini
Ancora oggi, a distanza di oltre un secolo e mezzo dalla conquistata autonomia della Marina da Savoca, con la nascita del Comune di Santa Teresa nel 1854, emergono notizie che ci fanno comprendere meglio come sia stata tormentata la lotta. Non solo le borgate Bucalo e Furci fecero due reclami separati per ottenere l’Autonomia, ma c’è di più! Facciamo un breve riepilogo, giusto per capire meglio in cosa consiste la novità.
Luglio 1820. I marinoti, cioè gli abitanti della Marina di Savoca, formata dalle borgate di Barracca-Portosalvo, Bucalo, Furci e contrade a monte, stanchi delle angherie e delle ingiuste tasse che Savoca imponeva in modo spropositato alle borgate marinare, capeggiati da don Angelo Caminiti assaltarono Savoca, creando scompiglio e facendo intendere che era tempo per ottenimento dell’autonomia.
Con la rivolta della Gancia a Palermo del 1848, i Borboni vennero scacciati e venne instaurato il Parlamento Siciliano presieduto da Ruggero Settimo. A don Giuseppe Caminiti di Angelo (1814 Marina di Savoca, 1877 Sparagonà-S.Teresa di Riva), che aveva partecipato al moto d’insurrezione quale “Presidente del Comitato di Guerra” della marina, come segno di gratitudine venne concessa l’autonomia della Marina da Savoca. Così a partire dal 1° gennaio 1849 venne istituito il “Comune di Bucalo”, che comprendeva tutte le borgate della marina e le contrade a monte. Primo e unico sindaco venne nominato Giuseppe Caminiti e la sede era nei fabbricati di proprietà del Caminiti, adiacenti alla Torre del Baglio. Ma il 1° aprile 1849 l’esercito borbonico tornò alla riscossa e riconquistò la Sicilia; un piccolo naviglio borbonico approdò alla foce del torrente Savoca e l’esercito bombardò sia la torre del Baglio che i fabbricati dove c’era la sede del Comune di Bucalo e così, dopo solo tre mesi, finì di esistere il neonato comune. Ma ormai il seme dell’autonomia era stato piantato.
17 marzo 1951. Il Consiglio comunale di Savoca, convocato a Messina, deliberò in maggioranza per la separazione di Savoca dalla sua marina con la creazione di un nuovo comune da chiamarsi “Furci” (i consiglieri votanti per il sì erano tutti residenti a Furci). Don Giuseppe Caminiti il 1° agosto 1851, in qualità di “procuratore dei marinoti”, inviò a Palermo una “Memoria per la divisione della marina dall’alto di Savoca” nella quale erano spiegati, ancora una volta, i motivi per cui la Marina doveva ottenere l’autonomia da Savoca. Il Caminiti, tra l’altro, nella sua memoria, faceva rilevare che più della metà delle 800 onze (l’introito annuale del Comune di Savoca) proveniva da dazi, gabelle, decime e censi imposti alle popolazioni della marina, dove già esistevano cinque “pasterie”, due frequentatissime locande, cinque fondachi, una fabbrica di cremor di tartaro e di essenza di limone nella quale lavoravano ben 100 operai. Inoltre si evidenziavano ancora i disagi dei marinoti per potere raggiungere la lontana Savoca per le loro più semplici esigenze, la lunga distanza da Savoca (da tre a cinque miglia), le pessime condizioni delle strade, “vie ripide e disastrose affatto impraticabili massime nelle stagioni invernali”, ecc.
L’anno successivo, nel 1852, anche la borgata Furci, temendo che la memoria del Caminiti potesse favorire la borgata Bucalo (come già era successo nel 1849 con la costituzione del Comune di Bucalo), nominò suo procuratore l’avvocato Francesco Perroni Paladini* (1830 Taormina-1908 Messina), il quale fece pervenire al Re borbonico Ferdinando II° una sua “Memoria per le borgate della Marina di Savoca contro la Comune di Savoca”, volta ad ottenere l’autonomia. I motivi esposti dal Perroni erano praticamente gli stessi descritti l’anno prima dal Caminiti, ma con la richiesta di un comune autonomo da chiamarsi “Furci”.
Fin qui è storia abbastanza nota.
Nello stesso periodo pure le borgate di Portosalvo-Barracca e le contrade San Gaetano, Giardino, Botte, Catalmo, Cantidati, Ligoria e Fontanelli, nel 1852, nominarono un procuratore (pagato dal Comune di Savoca) che rappresentasse a Palermo le loro lamentele facendo pervenire al re la memoria “Comune di Savoca contro taluni abitanti della sua marina”. Ma contrariamente a quanto sostenevano le memorie del Caminiti e del Perroni Paladini, queste ultime chiedevano di restare a far parte con Savoca! Infatti gli abitanti delle borgate nominarono loro procuratore l’avv. palermitano Luigi Filogamo, che seguì l’iter per l’accoglimento della loro supplica. Nella memoria del Filogamo erano descritte dettagliatamente tutte le motivazioni che ponevano le suddette contrade a non essere d’accordo per l’autonomia, ma che invece erano d’accordo nel restare a far parte con il Comune di Savoca. Nella supplica del Filogamo c’erano elencati tutti gli atti stipulati dal notaio Domenico Puzzolo di Casalvecchio alla presenza dei capi-famiglia di ogni contrada, dove venivano specificate le loro motivazioni (in massima parte, la minore distanza tra la loro contrada da Savoca con l’eventuale nuovo comune di Bucalo o Furci, dalla mancanza di fondi economici per potere costiture un comune autonomo, di persone istruite per potere espletare le funzioni al comune, di conventi, scuole, la mancanza del numero di 1000 residenti, ecc.). Tra le righe era scritto chiaramente che la supplica presentata da Giuseppe Caminiti interessava solo alla sua famiglia, ai suoi parenti e alla famiglia Trimarchi-Storiale. Interessante anche l’allegato Censimento della popolazione del 6 febbraio 1850, per evidenziare i pochi abitanti residenti nella marina che componevano il Comune di Savoca, fatto redigere dal signor Barone Calcagno, per proporre un progetto di divisione tra Savoca e le sua marina.
Si rilevava la seguente popolazione:
Furci Borgata con case sparse (356);
Case sparse in detta campagna (138);
Bucalo Borgata (252);
Grotte case sparse (131);
Fati e S. Marina case sparse (23),
Giardino Borgata (23);
Giardino e S. Gaetano (26);
Quartirello (63);
Sparagonà case sparse (119);
Landro case sparse (79);
Casalotto case sparse(77);
Portosalvo e Barracca Borgate (205);
Case sparse nella contrada Poertosalvo e Cantidati (106);
Fontanelle case sparse (54);
Ligoria case sparse (52);
Catalmo case sparse (57);
Campagna di Botte a destra di chi sale il torrente (44);
Campagna Cannoni (15);
Case sparse contrada Catalmo a sinistra di di sale il torrente (16);
Campagna Mortilla (29);
Case sparse nela campagna Viola e Botte a sinistra di chi scende il torrente (22);
Case riunite nella contrada Botte alla sorgente suddetta (37);
Case sparse nella contrada Contura (155);
Case sparse nella contrada Rina (264);
Case sparse nella campagna S. Giovanni e Viola (44);
Alto di Savoca (554);
Campagna di Cannuli e Barone (30);
Campagna di Romissa case sparse (218);
Campagna di Rapone e Mancusa case sparse (159)
TOTALE individui residenti n° 3383
In effetti una delle principali condizioni per potere costituire un comune autonomo era quella di avere almeno 1000 abitanti residenti**, ma in base al suddetto censimento, realizzato appositamente per questo scopo, sommando gli abitanti di Furci e delle sue case sparse, di Grotte, di Bucalo e case sparse, di Sparagonà e case sparse, escludendo le altre contrade, seppur di poco, veniva superata la quota dei 1000 abitanti richiesta. E comunque, stante le suppliche presentate al re, con le varie motivazioni e giustificazioni da entrambe le parti, ormai i tempi erano maturi per l’ottenimento dell’autonomia della Marina da Savoca. Fu quindi grazie agli esposti presentati da Giuseppe Caminiti e da Francesco Perroni Palatini che il 1° luglio 1853 il Re Ferdinando II firmò a Gaeta il decreto n° 404 che sanciva l’autonomia della Marina da Savoca a partire dal 1° gennaio 1854. Tra l’altro, il decreto prescriveva che “A contare dall’1 gennaio 1854 i quartieri di Fulci, Portosalvo-Barracca e Bucalo, formeranno un Comune con amministrazione propria e separata” e avrebbe avuto la propria sede nel quartiere di Fulci, assumendo il titolo di Comune di Santa Teresa.
Insomma il Re aveva accontentato entrambe le comunità: a Furci aveva stabilito la sede municipale mentre al Caminiti aveva fatto scegliere il nome, in quale, anziché Furci, come era stato in precedenza stabilito dal Consiglio comunale, per ingraziarsi il re, scelse “Santa Teresa” in onore a Maria Teresa d’Asburgo-Teschen (1816-1867), arciduchessa d’Austria, seconda moglie del Re borbonico. Bisogna dire che a quel tempo la borgata Furci comunque era la più popolata e da sola contava 356 abitanti, mentre la borgata Bucalo ne contava 252 e la borgata Portosalvo-Barracca 205, mentre erano circa 400 i “marinoti” che erano “istruiti in fatto di scrittura”. I marinoti, dopo avere lottato contro Savoca per l’ottenimento dell’Autonomia, adesso che l’avevano ottenuta, cominciarono a farsi la “guerra” tra di loro (guerra che durò oltre sessant’anni). Infatti tra Bucaloti-Urtulani e Furcioti-Sciabbacoti cominciarono a crearsi degli attriti, a cominciare dal 1855, quando la Pretura e il Carcere, da Savoca vennero trasferiti a Bucalo.
A pochi anni dall’Autonomia gran parte degli abitanti di Roccafiorita, Antillo, Limina, Casalvecchio e della stessa Savoca, viste le comodità e lo sviluppo del commercio, migrarono nella marina e specialmente nei quartieri di Barracca-Portosalvo e Bucalo, (migrazione che continua ancora oggi a oltre 160 anni dall’autonomia) dove comprarono “lucali ‘i casa” per andare a a vivere nelle “migliori commodità”. Mentre poche furono le migrazioni dei “terrazzani” verso la borgata di Furci.
In pochi anni le borgate di Barracca-Portosalvo e Bucalo, assieme alle vicine contrade, contavano 1307 abitanti e avevano superato gli abitanti di Furci e Grotte, che erano 1158 come risulta dal censimento del 1861. Cominciarono le proteste degli abitanti di Barracca-Portosalvo che si lamentano della lunga distanza per raggiungere la sede municipale di Furci. Così nelle elezioni del 1865 la maggioranza dei consiglieri che vennero eletti era originaria di Barracca-Portosalvo e Bucalo e nel Consiglio comunale del 6 maggio 1866 approvarono la delibera per lo spostamento della sede municipale da Furci a Bucalo, centro geografico del paese. Inoltre, con la realizzazione della ferrovia, (la tratta Messina-Giardini venne inaugurata il 16 dicembre 1866) la Stazione, anziché a Furci, dove c’era la sede municipale, venne posizionata a Bucalo. Ciò sicuramente creò tanto astio tra le due comunità. Così la delibera comunale per il trasferimento della sede municipale venne approvata il 14 dicembre 1866 anche dal Consiglio provinciale di Messina e di conseguenza con la pubblicazione del decreto n° 4127 firmato dal re Vittorio Emanuele II, a partire dal 1° gennaio 1868 la sede municipale da Furci, dopo 14 anni dall’Autonomia, venne trasferita a Bucalo. E qui viene fuori il carattere determinato e compatto dei cugini furcesi. (continua)
Tratto dal libro inedito “Correva l'anno 1854” di Salvatore Coglitore
*Francesco Perroni Paladini nacque a Taormina il 4 maggio 1830, il padre Giuseppe era in quel periodo giudice nel comune di Alì (Marina di Alì), si laureò a Palermo nel 1852 in giurisprudenza e subito dopo venne incaricato dagli abitanti della borgata Furci per perorare la loro causa di ottenimento dell’autonomia da Savoca; nel 1855 sposò Antonietta Bartolone dalla quale ebbe due figli, la sua abitazione a Taormina che fu nel periodo pre-unitario un luogo di convegni e di cospirazione contro i Borboni. Perroni fu uno dei più ardenti promotori della sommossa del 4 aprile del 1860 di Palermo e con l’insediamento in Sicilia di Garibaldi venne nominato Governatore di Sicilia ed ebbe l’incarico di ricostituire in Sicilia i Comuni; fondò e diresse alcuni giornali, dove esprimeva liberamente la sua opinione di libertà a favore della nascita del Regno d’Italia, tra l’altro, tenne stretti rapporti politici con Francesco Crispi. L’avv. Perroni abitava a Messina, dove morì all’età di 78 anni a causa del terremoto del 28 dicembre 1908.
** Legge n° 360 del 1816 art. 9 che così recita: I comuni che si trovano riuniti, potranno dimandare la separazione ed una particolare ammnistrazione municipale, quante volte per situazione locale sieno naturalmente separati da’ comuni di cui formano parte, abbiano una popolazione di mille abitanti, e mezzi sufficienti per formare e rinnovare il personale dell’amministrazione e supplire alle spese comunali. Similmente i comuni che hanno una popolazione minore di mille abitanti, e che mancano degl’indicati mezzi per ammnistrarsi, possono dimandare la riunione ad altro comune vicino.