Giovedì 25 Aprile 2024
A causa del maltempo set dimezzato ma di grande spessore. Intervista a Pierpaolo Capovilla


Il Teatro degli Orrori a Catania, "Il nostro nuovo inizio" - FOTO e VIDEO

di Gianluca Santisi/Giuseppe Picciotto (Foto e video) | 03/11/2015 | MUSICA

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Concerto confermato, poi annullato, infine tenuto anche se con un set ridotto, di poco superiore all'ora di durata a fronte delle due previste. L'apertura della settima stagione al Barbara Disco Lab di Catania, fissata per sabato 31 ottobre, non poteva essere più travagliata. Colpa del maltempo che ha imperversato sulla città etnea fino a pochi minuti prima del previsto concerto de Il Teatro degli Orrori, unica tappa sicilia del tour di presentazione del nuovo album, il quarto per una delle band più importanti della scena alt rock italiana. Il nubifragio non ha consentito a gran parte degli spettatori che avevano già acquistato il biglietto di raggiungere la location e così è stato deciso di rimandare l'appuntamento al prossimo marzo (le prevendite varranno quindi per quella data). Ma per non scontentare i numerosi spettatori comunque giunti al locale, Il Teatro degli Orrori ha deciso di suonare un set ridotto, offrendo inoltre ai presenti in possesso del biglietto vidimato la possibilità di partecipare alla data di marzo integrando la cifra di 5 euro.
La band veneta non si è affatto risparmiata, mettendo in piedi un set tirato e di grandissima intensità, equamente diviso, come da copione del nuovo tour, tra brani del nuovo album (sei sui dodici previsti) nella prima parte e classici (altri sei sui dieci della scaletta originaria) in chiusura. Sul palco i “soliti” Pierpaolo Capovilla (voce), Gionata Mirai (chitarra), Giulio Ragno Favero (basso) e Francesco Valente (batteria), ai quali si sono recentemente aggiunti Marcello Batelli (chitarra) e Kole Laca (tastiere), che già avevano accompagnato la band nei due precedenti tour. Ingressi in pianta stabile che hanno determinato una maggiore ricercatezza del suono, pur rimanendo preponderanti l'attitudine furiosa e il cantato-recitato di Capovilla, con i suoi testi al vetriolo. Dall'ultimo album sono arrivati in sequenza Disinteressati e indifferenti, La paura, Benzodiazepina, Genova, Il lungo sonno e Slint, mentre la seconda parte del set ha visto l'esecuzione di alcuni tra i capolavori della band come Non vedo l'ora, Il turbamento della gelosia, E' colpa mia, Majakovskij, A sangue freddo e la splendida chiusura affidata a La canzone di Tom. "Un brano che mai come in questo caso - ha rimarcato la band salutando il pubblico - vuol raccontare non un addio ma un arrivederci". Appuntamento, dunque, a marzo.

Pochi giorni prima della tappa catanese abbiamo intervistato Pierpaolo Capovilla per farci raccontare questo nuovo album, uscito lo scorso 2 ottobre. Dodici canzoni, un viaggio nell'incubo sociale dei nostri tempi.
Il vostro nuovo disco è senza titolo, una soluzione che di solito si adotta per gli esordi...
“Avevamo voglia di tornare alle origini della nostra avventura e anche dal punto di vista narrativo il disco è così: il vocabolario è decisamente più urbano e immediato. Abbiamo sentito questo disco come un nuovo debuttare e credo che l'elettronica abbia portato un contributo significativo: adesso siamo un gruppo più europeo e meno americano”.
Il precedente album era dedicato alla figura del migrante. Questo nuovo lavoro, invece, può essere visto come una riflessione sulla crisi che stiamo vivendo?
“Ne “Il mondo nuovo” la scelta del concept è stata meditata. Questa volta non è stato così. Ho quasi giocato a dadi con le parole, anche se non v'è dubbio che nell'economia narrativa complessiva alcuni temi siano emersi: fra questi, come sostieni tu, la crisi morale, politica e culturale, quindi antropologica, del nostro Paese”.
Sono passati dieci anni dalla nascita della band. Nel brano di apertura del disco lei canta “Sono accadute tante cose ma non è successo niente”. Che Paese è l'Italia oggi?
“Un Paese disgregato dal punto di vista sociale. Ci raccontano che non c'è più destra e non c'è più sinistra. Ma questo non vero, è una visione menzognera delle circostanze storiche in cui viviamo. Innanzitutto la destra c'è, eccome, ed è egemone: è una destra politica e culturale. È tutta quella parte del Paese corrotta e corruttrice, prevaricata e prevaricatrice. Sono accadute tante cose ma la nostra indifferenza, il nostro disinteresse, la nostra apatia, le hanno fatte accadere come se niente fosse”.
Un brano come “Il lungo sonno (lettera al Partito Democratico)” è la presa di coscienza della fine di quello che è stato un grande sogno della sinistra italiana?
“Più che una presa di coscienza, un atto di accusa. Non dobbiamo dimenticare che il Pd è l'erede del Partito comunista italiano di Enrico Berlinguer. Un partito preso manu militari da un nuovo gruppo dirigente che lo ha trasformato nel giro di pochi mesi in un partito di destra e conservatore, anzi reazionario. Un tradimento etico e morale. Da ex militante vivo questa trasformazione con un sentimento di repulsione, rabbia e anche di lutto: qui sta morendo la sinistra politica italiana”.
Cito da “Disinteressati e indifferenti”: “E da un momento all'altro diventare un cantante famoso/e se non sai cantare cʼè pur sempre il rap de noantri/andare in tv un giorno sì e uno no”.
“Sia chiaro che quando canto quello sfottò non mi riferiscono agli Assalti Frontali, a Caparezza o a Piotta. Mi riferisco a tutta quella m... che viene dalla tv. Sono stufo di queste nuove mode, il rap e l'hip hop italiano. È una pozzanghera grammaticale in cui questi giovanissimi non artisti sguazzano. Sono stanco di sentire tanta superficialità, di canzoni che non narrano niente, non dicono nulla della società in cui viviamo”.


Più informazioni: il teatro degli orrori  


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