Giovedì 25 Aprile 2024
Analisi e testimonianze del fenomeno al convegno svoltosi a Limina


Emigrazione ed identità, "il futuro è la convivenza tra culture"

di Filippo Brianni | 16/08/2015 | CULTURA E SPETTACOLI

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Il tavolo dei relatori (foto Telecasamia Occhino)

Identità che migrano, portandosi dentro e dietro bagagli culturali che condividono ed interscambiano nei luoghi in cui si fermano, prima magari di ripartire nuovamente. Ed arricchire un altro luogo, arricchendosi loro ulteriormente. Perché l’incontro tra identità diverse migliora persone e luoghi. Se n’è parlato a Limina, al Centro Polifunzionale "F. Scaldara", in occasione della XV edizione del Meeting dell’Emigrazione, dedicato quest’anno al tema “Identità migrante”. Un evento organizzato dal Comune, presente con gli assessori all’Emigrazione Filippo Ricciardi (coordinatore dell’evento) ed alla Pubblica Istruzione, Jenny Spadaro (alla sua prima uscita pubblica da assessore), in collaborazione con Archeoclub d’Italia. A sviluppare i temi centrali del meeting, due docenti dell’università di Messina: Mario Bolognari, direttore del Dipartimento di Civiltà antiche e moderne, e Giuseppe Restifo, docente di Storia moderna. Restifo ha tracciato un profilo della Messina del ‘500, evidenziando come comunità etiopi, catalane, genovesi, greche convivevano con le persone del luogo, “come acini diversi di un unico grappolo”. Un modello che funzionava allora e che ha lasciato sul territorio di Messina tracce culturali importanti. Dalla chiesa dei Catalani, alla confraternita dei Neri della chiesa di S. Marco, passando per la tela nella chiesa di S. Giovanni Battista al quadro della Madonna con S. Giorgio. Un “grappolo” che ha finito per riconoscersi in un unico modello di religiosità quasi “municipale”, la Madonna della Lettera, esistente solo a Messina ed in cui tutte queste culture si identificavano allo stesso modo. “Nel ‘500 a Messina si parlavano contemporaneamente tre lingue, il siciliano, il toscano-italiano, il catalano”.

Da questa analisi storica ha preso le mosse anche Mario Bolognari, per parlare di “Comunità locali e diversità culturali”. “Le culture viaggiano, in senso fisico, mentale, religioso. Lo hanno sempre fatto e oggi lo fanno ancora di più, per la facilità degli spostamenti e per la costante acquisizione di informazioni da culture diverse. Un modello secondo cui deve esserci un luogo esclusivo in cui si nasce, si vive e si muore non è più vero. Nessuno ha più una casa propria, ma ognuno ha tante case”. “L’identità plurima - secondo Bolognari – è il modello oggi dominante e quindi la convivenza multiculturale è diventata un obbligo della contemporaneità, che riguarda anche le comunità locali”.

Si è parlato anche di Limina in modo più specifico. Ricciardi, nell’intervento di saluto, ha evidenziato l’importanza delle rimesse degli emigranti per l’economica liminese. Mimmo Costa, presidente della sede comprensoriale di Archeoclub d’Italia, ha tracciato il profilo dell’identità migrante dei liminesi, ripresa poco dopo nella forma poetica da Pietro Saglimbeni, accennando a tre dei tanti poeti liminesi (Sebastiano Puglia dagli Usa; Salvatore Cannavò “Maneri” dal Venezuela; Filippo Ragusa “Panaro” dall’Australia). Hanno chiuso i lavori le testimonianze di due ex emigranti, Giovanni SaglimbeniNtantè, “memoria storica” di Limina e Nino Rizzo, eclettico ed allegro poeta. Ed un emigrante di eccezione ricordato è stato Dardanio Manuli, un imprenditore (ricordato da Nino Ardizzone) partito con la valigia di cartone che ha creato una serie di importanti aziende in giro per l’Italia. Alla sua morte, la famiglia ha voluto istituire una borsa di studio per gli studenti di Limina particolarmente meritevoli. Quest’anno il riconoscimento è andato a Sonia Bartolotta ed è stato consegnato dall’assessore Spadaro.


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