Dalle strade al palcoscenico, a S. Teresa le emozioni dei "cantaturi" di Limina
di Filippo Brianni | 05/09/2016 | CULTURA E SPETTACOLI
di Filippo Brianni | 05/09/2016 | CULTURA E SPETTACOLI
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A loro non sembrava possibile di non essere tra i vicoli di Limina ma su un palco. Di quelli veri. Con la platea ad ascoltare il loro organetto attaccare e le voci, otto, tutte ottantenni, a rincorrersi l’una con l’altra, per ripetere la rima, per “rispunniri”, come si dice in gergo. Nel loro di gergo. Loro che da ragazzini si infilavano nelle vie di Limina alla ricerca di una finestra cui fare giungere una serenata o un balcone con dentro un personaggio da beffeggiare oppure, ancora, una piazza, “nto chianu”, per salutare – in musica e rima – un amico pronto ad emigrare o San Filippo pronto a scendere. Emozioni e note che ancora, dopo decenni, restano unite, tanto che per tutto agosto, quest’anno (ma anche negli anni scorsi), gli angoli di Limina nel dopocena hanno visto il passaggio di quei vecchietti, armati di organetto e nostalgie da sciogliere sotto una finestra oggi divelta e vuota e dentro la quale, mezzo secolo fa, c’era quella ragazza a cui far pervenire la serenata. Attraverso a “canzuna”, così la chiamano loro, i “cantaturi”, per una sera, hanno lasciato i loro vicoli e si sono esibiti sul palco nel giardino di Villa Crisafulli-Ragno a S. Teresa di Riva, chiamati da Melina Patanè, una che di emozioni se ne intende e le alimenta sempre col Caffè d’arte organizzato dall’associazione “Il Paese di fronte al Mare”, che lei guida con l’entusiasmo anche del suo vice, Antonello Bruno e la precisione di Gabriele Camelia. Loro, i “cantaturi”, si sono messi lì a suonare, guidati dal leader di questa originale… “old band”, Nino Rizzo, nato nelle campagne antillesi, cresciuto tra i ciottoli liminesi, temprato a Caracas, Germania, Milano e poi tornato a dividersi tra S. Teresa e, soprattutto, Limina. Tra i vicoli di Limina. Col suo organetto, le sue poesie e le sue canzoni. Che parlavano di emigrazione a Villa Ragno, così come di emigrazione hanno parlato, anzi cantato, i Sikilia, il team di Cettina Sciacca che fa della ricerca culturale della Sicilia in musica il proprio gustoso pane quotidiano ormai da decenni. Alla corte del Caffè d’arte, i Sikilia hanno offerto uno spaccato, anzi, dei “Quadri d'emigrazione”, tratto dal loro lavoro “Terremigranti". E i siciliani nel mondo non sono soltanto storia, sono anche e soprattutto futuro. Pure in note. Come quelle forti del tenore Giovanni Saccà, giunto al Caffè d’arte estivo fresco di vittoria allo “Scirocco fest” e, di conseguenza, di “nomination” a rappresentare l’Italia al prestigioso festival della musica italiana di New York. La serata non ha tralasciato le poesie sull’emigrazione (Montale, Ungaretti, Pasolini, Merini) scelte e commentate da Antonello Bruno ed ha chiuso col recital di pezzi sudamericani chitarra classica-voce di Agatino Scuderi e Ludovica Bruno. È stato l’ultimo dei tre appuntamenti affidati dal Comune al “Paese di fronte al Mare”: durante le prime due serate è stato ampio spazio per tutti i temi culturali. Presentazione di libri (“Cosi è se mi piace” di Santino Moschella), di mostre di pitture (Carmelo Spinella ed Ivan Spanò), poeti emergenti (Davide Caminiti). Ma anche jazz (Marco Triolo e Ciccio Cucinotta), lirica (Melina Lamicella), fotografia (Katia Rigano), alla moda (Deborah Fazio). “L’obiettivo – dice Melina Patanè – resta quello di valorizzare l’arte ed anche i talenti del territorio, giovani, diversamente giovani, emergenti ed affermati”. Da ottobre ripartirà la sesta stagione del Caffè letterario, “sperando sempre in nuove proficue e collaborazioni”.