Venerdì 26 Aprile 2024
Sentenza d'appello della Corte dei conti Sicilia per due medici e due assistenti


Taormina, quattro condanne per una garza dimenticata nel corpo della paziente

di Andrea Rifatto | 03/11/2018 | CRONACA

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L'ingresso delle sale operatorie del "San Vincenzo"

La Sezione giurisdizionale d'Appello della Corte dei conti Sicilia ha inflitto una condanna a quattro sanitari dell’ospedale “San Vincenzo” di Taormina che dimenticarono una garza nel corpo di una donna durante un intervento chirurgico. I giudici contabili hanno condannato i medici Vincenzo Morici e Concetto Fleres, lo strumentista Vincenzo Crimi e l’assistente di sala Cristina Finocchiaro al pagamento in favore dell’Azienda sanitaria provinciale di Messina della somma di 5mila euro ciascuno, per un totale di 20mila euro. I fatti risalgono al 20 ottobre 2009, quando l’equipe medica eseguì un intervento di colecistectomia e surrenectomia sinistra laparotomica su una paziente, dimessa pochi giorni dopo l’intervento a seguito di un decorso post-operatorio regolare. Qualche mese più tardi la donna venne però nuovamente ricoverata con diagnosi di “colica addominale per sub-occlusione intestinale da aderenze peritoneali e raccolta sierosa da corpo estraneo” e subì un nuovo intervento chirurgico nel corso del quale le venne rimosso un corpo estraneo consistente in una garza, dimenticata verosimilmente nella cavità addominale durante il precedente intervento. In primo grado, con sentenza del 13 dicembre 2017, medici e infermieri furono condannati al pagamento di 15 mila euro, mentre venne assolto il medico Francesco Spadaro in quanto, chiamato ad intervenire ad operazione già iniziata, si era allontanato prima della suturazione della ferita. La Corte dei conti, rilevando la sussistenza di un danno erariale di 25mila euro, pari alla somma corrisposta dall’Asp alla paziente, in primo grado ha sottratto i 5mila imputabili a Spadaro e altri 5mila per la ritenuta concorrente responsabilità dell’ospedale, che non aveva recepito la “Raccomandazione n. 2 del marzo 2009 del Ministero della Salute per prevenire la ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico”: la scheda elaborata dal Ministero non era stata infatti adottata dal “San Vincenzo” di Taormina che ha invece continuato ad utilizzare un modello rivelatosi, alla prova dei fatti, del tutto inidoneo a prevenire il rischio di ritenzione di un corpo estraneo, che non indicava il numero delle garze inizialmente disponibili e di quelle impiegate nel corso dell’intervento chirurgico. Tenuto conto che i responsabili della struttura sanitaria non sono stati evocati nel giudizio, il Collegio aveva quindi operato la decurtazione di 5mila euro.

Adesso è arrivata la condanna a 20mila euro, con rivalutazione monetaria fino al deposito della sentenza. La Procura aveva impugnato la sentenza nella parte in cui è stato ritenuto che, nella causazione del danno, ci sia stato anche l’apporto causale della struttura sanitaria, pervenendo così alla riduzione della quota imputabile, ossia 20mila euro (25mila detratti 5mila che erano stati imputati a Spadaro) in 15mila euro. Il Collegio d’appello ha invece evidenziato che “la struttura sanitaria, pur avendo a disposizione un efficace strumento di prevenzione del rischio, idoneo altresì ad impedire il prodursi di danni erariali, ha preferito restare inerte, noncurante delle possibili conseguenze a carico dei pazienti, nonché indirettamente del pubblico erario” ma non ha ritenuto che “la negligenza sia tale da attenuare (men che mai elidere) la responsabilità degli operatori”, sui quali è stata quindi fatta ricadere la condanna al pagamento di 20mila euro. La Corte ha respinto l’appello incidentale di Fleres, che chiedeva la riforma della sentenza con riconoscimento dell’integrale responsabilità in capo alla Direzione sanitaria, evidenziando di non avere lui responsabilità in quanto era intervenuto come secondo operatore, tenuto conto che la responsabilità della “conta delle garze” è del personale paramedico e del primario, primo operatore e sottolineava la circostanza che la scheda check list non è stata dallo stesso sottoscritta. Per la Corte dei conti vi è stata invece una responsabilità insorta per la violazione di obblighi indivisi comuni a tutti gli operatori.


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