Giovedì 25 Aprile 2024
Ricorso inammissibile, diviene definitiva la sentenza della Corte dei conti


Spese pazze all’Ars, De Luca condannato anche in Cassazione

di Andrea Rifatto | 31/12/2018 | CRONACA

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il sindaco di Messina Cateno De Luca

È definitiva la condanna di Cateno De Luca in sede contabile per le spese pazze all’Assemblea regionale siciliana effettuate nella legislatura 2008-2012. La Corte di Cassazione, con una sentenza delle Sezioni civili unite depositata nei giorni scorsi, ha infatti dichiarato inammissibile il ricorso presentato contro la sentenza della Sezione giurisdizionale d’appello della Corte dei conti Sicilia che lo scorso febbraio, confermando quella di primo grado del marzo 2016, ha condannato l’ex parlamentare e attuale sindaco di Messina e della Città metropolitana a versare all’Ars 13mila 204 euro, oltre rivalutazione monetaria ed interessi a titolo di risarcimento del danno, spesi per finalità non istituzionali da De Luca nella qualità di presidente del gruppo parlamentare Forza del Sud, dal 12 ottobre 2010 al 14 febbraio 2011. La Cassazione ha inoltre condannato De Luca, difeso dall’avvocato Giuseppe Cozzo, al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. Le somme versate dal Parlamento siciliano erano state spese per rifornimenti di carburante (2mila 855 euro) dell'Audi A6 presa in leasing dall'ottobre 2010 a nome del gruppo Forza del Sud, soggiorni in alberghi, pranzi e cene in ristoranti e trattorie (8mila 538, di cui 2.580 risultanti da fatture e scontrini intestati direttamente a De Luca e 5mila 958 risultanti da analoghi documenti intestati al gruppo), spesi secondo De Luca per scopi di proselitismo politico, mentre 1.811 euro erano stati utilizzati per l'acquisto di 133 agende Nazareno Gabrielli distribuite ai componenti del gruppo da lui presieduto in occasione delle festività di fine anno 2010. Su quest’ultima spesa la Corte dei conti in appello aveva evidenziato come “il cospicuo numero di agende acquistate inducono fondatamente a ritenere che le agende fossero destinate all’effettuazione di regalie personali, senz’alcuna concreta attinenza con le finalità istituzionali del gruppo Forza del Sud, all’epoca composto da appena sei componenti”. I giudici contabili avevano sottolineato come “le spese riferibili ad attività di proselitismo e di propaganda non possono essere legittimamente fatte gravare sul contributo unificato erogato al Gruppo per le proprie specifiche esigenze organizzative e per l’espletamento delle proprie funzioni istituzionali in seno al Consiglio regionale ma debbono essere finanziate con fondi propri del partito o del movimento politico o del singolo esponente” e “in ogni caso De Luca non ha fornito alcuna plausibile spiegazione giuridicamente apprezzabile delle ragioni per le quali sarebbe stato indispensabile offrire pranzi e cene a chicchessia, con oneri posti a carico delle finanze pubbliche”. Dunque vi è stato un danno erariale. In sede penale, invece, Cateno De Luca era stato assolto dall'accusa di peculato.

Gli ermellini hanno respinto l’unica contestazione mossa dal ricorrente, già ricusata in sede d’appello, ossia il difetto di giurisdizione della Corte dei conti in quanto secondo l’ex parlamentare le garanzie previste dalla Costituzione e dallo Statuto regionale riguardano non soltanto l'esercizio, da parte dell'Ars, delle funzioni legislative, indirizzo politico, di controllo e di autorganizzazione, ma anche l'espletamento delle attività di gestione amministrativa, previste dalla legge e dai regolamenti, e ciò al fine di salvaguardare l'autonomia dell'organo assembleare da eventuali interferenze e condizionamenti esterni. Conseguentemente, secondo De Luca, il controllo della Corte dei conti sulle spese effettuate nei gruppi consiliari non poteva estendersi a valutazioni inerenti la congruità delle scelte discrezionali compiute, dovendo invece limitarsi alla verifica dell'attinenza delle spese alle funzioni svolte dai gruppi, evidenziando inoltre che solo all'inizio del 2014 sono state emanate disposizioni specifiche in materie di rendicontazione delle spese effettuate, mentre per i periodi antecedenti non incombeva sul presidente del gruppo alcun obbligo di dimostrare l'attinenza delle singole spese all'espletamento delle funzioni istituzionali. La Cassazione ha invece ribadito come "la gestione dei fondi pubblici erogati ai gruppi partitici dei Consigli regionali è soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti, che può giudicare, quindi, sulla responsabilità erariale del componente del gruppo autore di "spese di rappresentanza" prive di giustificativi, sia perché a tali gruppi - pur in presenza di elementi di natura privatistica connessi alla loro matrice partitica - va riconosciuta natura essenzialmente pubblicistica in relazione alla funzione strumentale al funzionamento dell'organo assembleare da essi svolta, sia in ragione dell'origine pubblica delle risorse e della definizione legale del loro scopo”. 


COMMENTI

Socrate | il 31/12/2018 alle 14:52:24

DURA LEX SED LEX

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