Giovedì 18 Aprile 2024
Per la Procura i medici di Pte-118 non hanno responsabilità e il decesso è legato ad altro


Morte del bimbo di Savoca, chiesta terza archiviazione: il gip dice no e fissa l'udienza

di Andrea Rifatto | 14/01/2023 | CRONACA

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Sotto inchiesta due medici in servizio quel giorno

Il caso rimane aperto e l’ultimo round fa sperare la famiglia. Non cala il sipario sulla vicenda del piccolo Giulian Garufi, il bimbo di 23 mesi di Savoca morto il 6 marzo 2021 dopo un malore e la corsa disperata in ambulanza al Policlinico di Messina, dove all’arrivo il suo cuoricino aveva ormai smesso di battere. Il sostituto procuratore Francesco Lo Gerfo ha chiesto per la terza volta l’archiviazione del procedimento (dopo le richieste di luglio e novembre 2021) che vede indagati due medici del Pte e del 118 di Santa Teresa di Riva, con l’accusa di omicidio colposo e responsabilità colposa per morte in ambito sanitario, e dopo le due opposizioni presentate dalla famiglia, questa volta è stata la giudice per le indagini preliminari Monica Marino ad opporsi e a non accoglierla, fissando per il 18 maggio l’udienza in camera di consiglio, ai sensi dell’articolo 409 cpp: in quella sede potrà ordinare nuove indagini oppure disporre che il pubblico ministero formuli l’imputazione e poi fissare l’udienza preliminare. Parti offese sono i genitori di Giulian, difesi dagli avvocati Fabio Di Cara e Giovanni Caroè, che ritengono vi siano responsabilità penali da parte dei sanitari che ebbero in cura il piccolo quella mattina. Dopo l’ultima opposizione all’archiviazione il Gip aveva disposto l’iscrizione nel registro degli indagati dei due medici di Pte e 118, di ascoltare i due soccorritori in servizio quel giorno sull’ambulanza e anche una nuova consulenza medico legale e specialistica volta ad accertare “se a fronte di un palese stato di disidratazione, un trattamento reidratante in vena con la dose antishock, come evidenziato dai consulenti della difesa, avrebbe consentito un sicuro trasporto in ospedale e se tale trattamento, non effettuato dai medici indagati, qualora fosse stato somministrato al minore Garufi Giulian prima del trasporto in ambulanza (da Santa Teresa a Messina) avrebbe evitato l’evento morte”.

Ipotesi, quest’ultima, che la Procura adesso esclude, visto che il sostituto Lo Gerfo evidenzia nella richiesta di archiviazione come “l’integrazione di consulenza medico-legale conferma che al momento del secondo ingresso al Pte di Santa Teresa (dopo il passaggio presso il pediatra) il piccolo Giulian versava oramai in condizioni di shock irreversibile ed ogni cura sarebbe risultata vana”. La consulenza specifica i vari stati di compromissione dell’equilibrio metabolico ed emodinamico: “il minore era nello stadio di ‘irreversibile shock’ ed il ‘trattamento reidratante in vena con la sode antishock’ non avrebbe potuto avere - scrive il pm - con ragionevole margine di certezza utile a fondare l’azione penale, alcun rilievo”. I consulenti del pubblico ministero concludono “circa l’assenza di responsabilità in capo ai sanitari che ebbero in cura il bimbo durante i primi contatti al Pte e durante le manovre di rianimazione in ambulanza e al pronto soccorso del Policlinico”, conclusione condivisa dal pubblico ministero. Per l’accusa “il decesso è da addebitarsi principalmente alla non conosciuta e mai diagnosticata patologia congenita (malattia di Hirschsprung, ossia Megacolon ndc) di cui soffriva il piccolo Giulian (conclamata anche dagli esami istologici), ma anche da una serie di sfortunate e tragiche fatalità (l’inizio della subdola disidratazione la sera prima, le apparenti condizioni di buona salute del bimbo che inducono la madre a ritardare - senza alcuna colpa - il ricovero al pronto soccorso pediatrico, nonostante il parere contrario dei medici, l’inconsapevolezza circa la gravità della malattia non diagnosticata al piccolo)”. In definitiva, secondo il sostituto procuratore, “gli elementi raccolti non appaiono idonei a sostenere una seria accusa in fase dibattimentale e l’unico elemento certo è l’impossibilità, ad oggi, di addebitare responsabilità ai medici”, si ravvisano “probabili esiti assolutori di un dibattimento penale” e nel caso in esame “difetta sia la prova di una condotta negligente da parte dei medici, sia la prova del nesso causale tra detta condotta negligente e l’evento morte”, considerato che per comprovare la penale responsabilità del sanitario per colpa medica occorre provare tre fattori: evento morte - condotta colposa - nesso di causalità tra condotta colposa ed evento morte. Per la Procura della Repubblica di Messina quindi, gli elementi raccolti non consentono di sostenere l’accusa in giudizio. Ora la parola passa al gip.

Il piccolo accusò quella notte un malessere e la madre cercò di contattare la pediatra di famiglia ma inutilmente, visto che non rispondeva al telefono: poi l’indomani mattina, insieme alla sorella, si recò al Pte-118 di Santa Teresa di Riva, dove furono effettuati i primi controlli medici e venne consigliato il ricovero immediato in ambulanza - come ricostruito dalla Procura - mentre la madre affermò che avrebbe provveduto a trasportare il figlio con il proprio mezzo, firmando il registro di uscita del Pte; una volta andate via si recarono con il piccolo dal pediatra, che dopo averlo visitato e somministrato una soluzione elettrolitica disse di farlo trasportare subito in ospedale con l’ambulanza e in codice rosso. Successivamente arrivarono per la seconda volta al Pte e l’ambulanza partì alla volta del Policlinico, ma durante il tragitto Giulian si aggravò improvvisamente, il medico avviò le manovre di rianimazione somministrando l’adrenalina e all’arrivo in ospedale, dopo 40 minuti di manovre rianimatorie, sopraggiunse la morte.

Più informazioni: morte bimbo savoca  


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