Martedì 08 Luglio 2025
Depositate dalla Corte d'assise le motivazioni della sentenza di condanna a 15 anni


L'omicidio di Pippo Catania a Furci, ecco perché Nucifora non agì con premeditazione

di Andrea Rifatto | 06/07/2025 | CRONACA

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Nucifora ha usufruito del rito abbreviato

Una pena fissata in 22 anni e sei mesi, ridotta di un terzo con il rito abbreviato fino a 15 anni di reclusione, senza le aggravanti della premeditazione e dei motivi abbietti e futili e senza le attenuanti generiche. È stata questa la decisione assunta dalla Corte d’assise di Messina lo scorso 16 aprile a carico di Gaetano Antonio Nucifora, l’operaio di 59 anni di Roccalumera imputato per l’omicidio di Pippo Catania, l’ex poliziotto della Squadra mobile di Messina ucciso il 2 ottobre del 2023 sul lungomare di Furci Siculo. Adesso arrivano le motivazioni della sentenza, messe nere su bianco in 16 pagine depositate dalla Corte presieduta dal giudice Massimiliano Micali, che spiegano il ragionamento seguito dal Tribunale per arrivare al verdetto. I difensori dell’imputato, gli avvocati Giovanni Starrantino, Emilia Cerchiara e Alice Sturiale, probabilmente non presenteranno appello poiché il loro assistito potrà usufruire di uno sconto di un sesto della sanzione inflitta, pari a due anni e mezzo, ai sensi dell’articolo 442 comma 2bis del Codice di procedura penale, così modificato dalla riforma Cartabia. «L’ipotesi secondo la quale l'imputato avrebbe commesso il fatto "con premeditazione" e perché determinato da "motivi abietti e futili" è assurta ad esclusivo terreno di conforto dialettico - si legge in sentenza - divenendo, di fatto, l'unico tema oggetto di dibattito nella verifica processuale e ritiene questa Corte che un prudente apprezzamento del compendio non consenta di condividere né il primo né il secondo dei postulati accusatori». Vediamo perchè. 

La mancata premeditazione
In tema di premeditazione, la Corte d’assise ricorda che «i suoi elementi costitutivi siano da individuarsi nell'esistenza di un apprezzabile intervallo temporale tra l'insorgenza del proposito criminoso e l'attuazione di esso, tale da consentire una ponderata riflessione circa l'opportunità del recesso (il c.d. elemento di natura cronologica) e nell'apprezzamento poi di una ferma risoluzione criminosa perdurante senza soluzione di continuità nell'animo dell'agente sino al momento della commissione del crimine (il c.d. elemento di natura ideologica)». In questo caso i giudici hanno ravvisato «i connotati di un'azione sorretta dal dolo d’impeto, condizione psicologica e volitiva più lontana possibile da quella in cui si concreta l'irriducibile continuità della conservazione del proposito delittuoso che costituisce l'in sé della premeditazione. Il compendio non consente di ricostruire con sufficiente chiarezza il momento in cui è insorto nell'animo del Nucifora il proposito di uccidere il Catania - sottolinea la Corte - e il primo termine temporale la cui compiuta determinazione si atteggia come necessaria per apprezzare la sussistenza o meno dell'aggravante in esame è rimasto, cioè, all'esito del dibattimento, incerto, esso non potendosi far coincidere, all'evidenza, con il momento in cui la moglie di Nucifora ha confessato al marito l'esistenza della relazione extraconiugale con la vittima. Ritenere, in altri termini, che la confidenza del tradimento consumato sia anche il momento in cui il Nucifora ha immediatamente maturato la determinazione di uccidere l'amico dal quale si era sentito così profondamente tradito rappresenta, nell'assenza di qualsivoglia conforto probatorio, una ricostruzione dotata di una fragile capacità suggestiva, cui non può attribuirsi alcuna dignità di prova. In particolare, non è stato possibile ricostruire come il Nucifora abbia trascorso le ore mattutine del 2 ottobre 2023 e non è stato, pertanto, possibile apprezzare il compimento di una sola condotta di tipo preparatorio che possa dirsi sintomatica dell'avvenuta deliberazione in capo all'uomo del piano omicidiario già diverse ore prima rispetto alla sua esecuzione e che possa smentire il fatto che le ore immediatamente precedenti alla consumazione del delitto erano trascorse come un'ennesima ed ordinaria giornata lavorativa». A ciò si aggiunge che «meno di un'ora prima rispetto all'omicidio, il Nucifora era intento a perfezionare insieme alla moglie acquisti di generi alimentari presso un esercizio commerciale sito in una località diversa da quella in cui il delitto sarebbe stato di lì a breve consumato e in quello stesso contesto egli non aveva condotto con sé l'arma della quale si sarebbe poi servito per uccidere il Catania». Infine i giudici evidenziano come non vada trascurato che «l’incontro con il Catania, ben lungi dall'aver costituito la risultante di una studiata "ricerca" dell'obiettivo posta in essere dall'imputato, ha all'evidenza assunto i connotati di un contatto fortuito ed inatteso consumatosi mentre il Nucifora era intento a rientrare presso la propria dimora». La lettura data dalla Corte è dunque quella che «proprio l'imprevisto imbattersi nel Catania abbia funto, nell'animo del Nucifora, da detonatore rispetto ad una volontà di consumare vendetta rimasta sino a quel momento indistinta o vaga e che la visione di colui dal quale era stato così intimamente tradito possa, cioè, aver esacerbato la condizione di profondo turbamento emotivo nel quale il Nucifora era già del tutto ragionevolmente precipitato a seguito delle confidenze fattegli dalla moglie». L'azione delittuosa «non appare, quindi, premeditata, non potendosi escludere con ragionevole certezza, ed apparendo, anzi, altamente credibile che l'arco temporale tra l'insorgenza del proposito delittuoso e la sua attuazione sia stato così ristretto da non aver consentito all'imputato di ponderare sulla straordinaria gravità della decisione maturata e di consentirgli l'attivazione dei freni inibitori».

L’assenza di motivi abietti e futili
Secondo la Corte d’assise «la contestazione dell’aggravante dei motivi abietti e futili è radicalmente priva della necessaria descrizione in fatto di ciò che, secondo la prospettazione accusatoria, varrebbe ad attrarre il movente nell'alveo dell'abiezione o della futilità. Ciò per l'ovvia considerazione che il Nucifora - viene spiegato in sentenza - non ha indirizzato l'azione nei riguardi della moglie dalla quale era stato tradito, non ha, cioè, inteso esternare, attraverso il delitto, un morboso sentimento di possesso nei riguardi della donna, non ha, ancora, voluto riaffermare la sua supremazia all'interno della coppia o, piuttosto, dare sfogo ad un proposito punitivo nei confronti della libertà di autodeterminazione del coniuge. Ciò che il Nucifora ha inteso fare è stato, all'evidenza, "punire" la vittima per il tradimento del quale si è reso protagonista, consumare, cioè, la più terribile delle rappresaglie nei riguardi di chi, rinnegando la sacralità del vincolo amicale, aveva intessuto una segreta relazione extraconiugale con sua moglie. È la vendetta, quindi, e non la gelosia, la molla che ha spinto l'imputato ad uccidere. Trattasi di movente che, ben lungi dall'essere commendevole, connota indubitabilmente in termini altamente negativi la personalità del Nucifora: esso, però, non può degradarsi a mero pretesto che ha consentito all'imputato di dare sfogo ad un'indole criminale e, men che meno, ad espressione di un'indole perversa». Dunque esclusione delle aggravanti ma anche delle attenuanti generiche poiché «non è possibile cogliere alcun tratto positivo che induca a ritenere il Nucifora meritevole di un trattamento sanzionatorio mitigato».

Più informazioni: omicidio catania  


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