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Il grande bluff di Cateno De Luca: riaffidata la difesa agli avvocati Taormina e Micalizzi
di Andrea Rifatto | 08/02/2017 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 08/02/2017 | CRONACA
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De Luca al centro tra gli avvocati Micalizzi e Taormina
Tutto come previsto. Dopo la revoca dell’incarico agli avvocati difensori Carlo Taormina e Tommaso Micalizzi deciso ieri in aula da Cateno De Luca durante l’udienza del processo sul cosiddetto sacco di Fiumedinisi, che lo vede imputato per i reati di abuso d’ufficio e tentata concussione, oggi l’attuale sindaco di S. Teresa di Riva e primo cittadino di Fiumedinisi all’epoca dei fatti ha riaffidato la propria difesa ai due legali, salutando l’avv. Salvatore Sorbello che ieri mattina era stato individuato dal Tribunale come difensore d’ufficio. “La revoca del mandato agli avvocati Tommaso Micalizzi e Carlo Taormina è stato un necessario espediente tecnico-processuale – ammette De Luca – per consentire al Collegio giudicante di rinsavire e ritornare sui suoi illegittimi passi: grazie a tale soluzione l’ordinanza dello stesso Collegio comunicata ad inizio udienza è stata ribaltata a conclusione del dibattimento su iniziativa dello stesso Collegio che ha evidentemente compreso che stava agendo in grave e palese violazione di legge su sollecitazione/pressione della Pubblica Accusa. In data odierna il mandato agli avvocati Micalizzi e Taormina è stato ovviamente riconferito e di conseguenza non sarà più necessario avvalersi del difensore d’ufficio Salvatore Sorbello, che ha dimostrato grande professionalità e autonomia di pensiero e comportamento in un ambiente, il Palazzo di giustizia messinese, ove bisogna stare ben attenti a esercitare il proprio ministero in disaccordo con i padroni dello stesso Palazzo”. Il sindaco di S. Teresa fa riferimento all’ordinanza pronunciata dal Collegio presieduto da Mario Samperi e composto dai giudici Rosa Calabrà e Valeria Curatolo, con la quale è stato deciso di non sospendere il processo in seguito alla presentazione della richiesta di rimessione alla Corte di Cassazione per lo spostamento al Tribunale di Reggio Calabria: i magistrati non hanno infatti ritenuto vi fossero i presupposti per stoppare il procedimento e ciò ha portato De Luca a mettere in scena il grande bluff con la revoca dell’incarico a Taormina e Micalizzi, a cui è seguita la nomina del legale d’ufficio che ha subito chiesto i termini a difesa per studiare le carte processuali. Rinvio al 24 febbraio, dunque, chee ulteriore slittamento della conclusioni e della sentenza, che consente di prendere tempo in attesa della decisione della Cassazione sull’accoglimento o meno della richiesta di spostamento. La versione di De Luca. “Né il collegio giudicante né la Procura di Messina hanno alcuna competenza a esprimersi sull’istanza di rimessione, depositata il 30 gennaio scorso nella cancelleria della Seconda Sezione penale del Tribunale di Messina ed ancora non inviata, dal Presidente del Collegio, alla Suprema Corte di Cassazione, unico organo giudiziario competente ad esprimersi nel merito. Il pervicace tentativo dei Pubblici Ministeri di dibattere il merito dell’istanza di rimessione in udienza – prosegue l’imputato principale – è stato immediatamente stoppato dal professor Carlo Taormina avendo fatto rilevare al Tribunale la palese violazione di legge che per l’ennesima volta si stava per consumare su iniziativa della Pubblica Accusa ed al cospetto di un ‘collegio sempre più distratto’. Il Collegio giudicante, solo dopo cinque ore di dibattito, ha dovuto far marcia indietro accogliendo le ragioni espresse a inizio udienza dalla difesa del sottoscritto imputato che, tra l’altro, aveva ribadito l’inutilità del ‘procedersi oltre’ disposto dallo stesso Collegio nel tentativo di emettere una sentenza in palese violazione di legge dovendosi invece procedere alla sospensione del dibattimento per come imposto dal codice di procedura penale a fronte di una istanza di spostamento del processo in altro Tribunale a causa dei provati e gravi condizionamenti ambientali”. Lo svolgimento dell’udienza. In aula né il collegio giudicante né la Procura di Messina si sono espressi sull’istanza di rimessione ma anzi il pubblico ministero Liliana Todaro ha più volte chiesto al presidente Mario Samperi di far sì che l’imputato De Luca, nelle sue dichiarazioni spontanee, si limitasse a discutere esclusivamente dei profili tecnici relativi alla presentazione della stessa, in quanto l’ex primo cittadino di Fiumedinisi si stava addentrando nei contenuti per sostenere l’incompatibilità dei magistrati messinesi nel giudicare il suo caso. L’avv. Taormina in apertura d’udienza aveva chiesto al Collegio di prendere atto dell’esistenza dell’istanza di rimessione ritenendo fosse obbligatoria la sospensione. Dopo quasi due ore di camera di consiglio, i giudici hanno deciso di andare avanti col procedimento in quanto il Codice di procedura penale, all’articolo 47 comma 1, specifica che “in seguito alla presentazione della richiesta di rimessione il giudice può disporre con ordinanza la sospensione del processo fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta”. Nessun obbligo quindi. Dopo la concessione dei termini a difesa, il collegio della Seconda Sezione penale non ha fatto alcuna retromarcia sull'ordinanza con la quale ha deciso per la non sospensione ma ha fatto presente che il provvedimento per la trasmissione degli atti alla Cassazione è stato emanato il 3 febbraio e che si procederà a sospendere il processo prima dello svolgimento delle conclusioni e della discussione qualora si abbia notizia che la Corte assegni la richiesta di rimessione alle sezioni unite o a sezione diversa, così come previsto dal Codice. Il sentore della condanna. “É stato già conferito l’espresso mandato agli avvocati Tommaso Micalizzi e Carlo Taormina di procedere alle denunzie alle autorità competenti, ivi incluso il Consiglio Superiore della Magistratura, il Ministero della giustizia, la Procura Generale presso la Corte di Cassazione – aggiunge De Luca – nei confronti di alcuni componenti del Collegio giudicante e dei pubblici ministeri in relazione alle provate circostanze che li hanno resi incompatibili con l’imputato De Luca e con un procedimento ormai viziato da elementi di condizionamento personale ed ambientale. Tali denunzie si rendono ormai improcrastinabili a seguito della ulteriore grave violazione di legge che è emersa nell’udienza del 7 febbraio, ove è emersa l’ennesima inaccettabile intesa tra Pubblica Accusa e Collegio giudicante finalizzata a emettere una sentenza di condanna con effetti ultronei sul piano politico che nessun organo di giustizia avrebbe potuto mai riparare”. Mentre gli altri 17 imputati attendono pazientemente la sentenza, De Luca si dice quindi già convinto che sia stata scritta e che sarà di condanna.