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Furto di S. Onofrio, a Casalvecchio scoppia la rabbia. Saetti: “Gravissime responsabilità"
di Andrea Rifatto | 01/02/2017 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 01/02/2017 | CRONACA
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I cittadini presenti in municipio
Sgomento e rabbia. Sono i sentimenti che prevalgono a Casalvecchio Siculo, paese che da questa mattina è sotto choc per quanto accaduto nella notte tra martedì e mercoledì, quando ignoti hanno rubato gli ex voto in oro del Patrono Sant’Onofrio Anacoreta, che si trovavano custoditi in una stanza del museo d'arte, di fronte la chiesa parrocchiale. Un colpo del valore di almeno 500mila euro, con circa 800 oggetti portati via, che ha lasciato una profonda ferita tra i casalvetini. Più che una sottrazione di oggetti preziosi si è trattato del furto dell’identità di una comunità, che ha perso un pezzo della sua storia. Forse per sempre. Il dibattito che si è aperto in paese subito dopo la scoperta del fatto è confluito questa sera in municipio, dove si è tenuta una seduta straordinaria del Consiglio comunale aperta al pubblico. “Una giornata triste, il dolore è tanto – ha esordito il sindaco Marco Saetti – ma sono sicuro che questo gesto non nasce in paese e non è qui che dobbiamo cercare i colpevoli”. Il primo cittadino sgombra subito il campo dall’ipotesi che possa esserci una “mano” locale nell’audace furto e invita chiunque abbia elementi utili a rivolgersi ai carabinieri o agli amministratori comunali. “Bisogna porsi delle domande e capire perché l’oro fosse custodito in quel luogo insicuro, quando tutti eravamo convinti fosse depositato in banca: chi ha deciso di riportarlo a Casalvecchio, insieme a quello della Confraternita della Santissima Annunziata, senza avvisare il Comune e la comunità, pensando potesse essere al sicuro?”. Saetti è durissimo, batte i pugni sul tavolo. Emergono particolari ancora più gravi: il sistema di allarme del museo era guasto, le due telecamere che inquadrano la piazza di Sant’Onofrio erano misteriosamente spente da 25 giorni (senza contare che la centralina di controllo si trova in un punto della chiesa accessibile a tutti) e i ladri hanno avuto quindi vita facile a scardinare due vecchie inferriate, unica “barriera” a protezione del tesoro dei casalvetini. “Ci sono responsabilità gravissime – tuona il sindaco –: io ho sempre saputo che l’oro fosse conservato in banca: perché siamo stati tenuti all’oscuro del fatto che fosse invece al museo? Il patrimonio della comunità è stato esposto a un rischio elevato e se non cambiamo subito registro nella gestione dei nostri beni rischiamo di perdere anche quello che ci è rimasto”. Al dibattito intervengono i cittadini. “L’oro della Madonna Annunziata veniva tenuto dalla mia famiglia – spiega Santino Crisafulli – ma quando ci siamo resi conto di non poter continuare a farlo lo abbiamo consegnato al parroco di allora, padre Gerry Currò, che mi disse che sarebbe stato depositato in banca insieme a quello di Sant'Onofrio. Tutto il paese è sempre stato convinto fosse custodito da un istituto di credito”. A quanto pare, invece, a cavallo tra il 2010 e il 2011, quando a padre Currò subentrò don Agostino Giacalone, l’oro venne prelevato dalla banca di Messina dove era stato riposto e venne riportato a Casalvecchio, per essere custodito, se così si può dire, nel museo. “Ci venne detto che quel luogo era sicuro – ammettono alcune collaboratrici parrocchiali durante la precedente gestione – perché sorvegliato dalle telecamere e protetto dalle inferriate”. Il sindaco Saetti va su tutte le furie: “Come si può pensare che un sistema di allarme antiquato, due telecamere e una vecchia inferriata, possano proteggere un simile tesoro? L’unico posto sicuro era una banca. Sono arrabbiato come casalvetino e come sindaco, brucia a tutti il cuore: è un atto vergognoso, in questi anni i cittadini hanno contribuito economicamente alle spese della parrocchia ma i soldi sono stati sperperati e nessuno si è curato di mettere in sicurezza il tesoro del santo Patrono”. Lo scorso anno la parrocchia ha messo da parte una somma dopo la festa di giugno, poco meno di 2mila euro, per ripristinare l’impianto di allarme. Ma nessuno è mai intervenuto. “Adesso è ora di cambiare modalità di gestione del nostro patrimonio – prosegue Marco Saetti – e tutti dobbiamo rimboccarci le maniche. Domani mi attiverò per fare ripristinare l’impianto di allarme e la videosorveglianza, anche a me spese se sarà necessario, o della comunità qualora volesse contribuire. Io non faccio gite, faccio opere per il mio paese e sono determinato ad andare avanti a proteggere i beni che i casalvetini nei secoli hanno donato alla parrocchia, privandosi anche del pane per vivere. Andrà fatta una catalogazione delle opere custodite nelle chiese cittadine – spiega il primo cittadino – e nemmeno la Curia, che non ha tutelato i beni di Casalvecchio, potrà fermarmi: se il vescovo dirà che la competenza è sua, sono pronto a dimettermi e a spingere il popolo a protestare”. Il primo passo sarà quello di depositare in banca l’oro di san Teodoro e delle frazioni Rimiti e Misitano. Il parroco, don Gabriele Sgroi, si è limitato a dire di aver ricevuto in consegna l’oro custodito nel museo al momento suo insediamento, nell’ottobre 2015, dal suo precedessore, padre Giacalone. Ma fino oggi non si è premurato di verificare se quel luogo fosse effettivamente un fortino inespugnabile o fosse più opportuno trasferirlo in banca. Il dibattito di oggi ha fatto emergere anche le divisioni in seno alla comunità parrocchiale, dove in un clima infuocato c'è chi ha lamentato l'assenza degli organismi di partecipazione attivi fino all'insediamento dell'attuale sacerdote, come il Consiglio pastorale e il Consiglio per gli Affari economici. "Questioni che riguardano la vita della parrocchia e non hanno attinenza con il grave fatto accaduto" - ha tagliato corto il sindaco - che da oggi andrà avanti spedito per proteggere la sua comunità, senza guardae in faccia nessuno.