Venerdì 19 Aprile 2024
Il 28enne a processo per omicidio aggravato da premeditazione, affetti e futili motivi


Femminicidio di Lorena a Furci, rinviato a giudizio De Pace: no alla perizia psichiatrica

di Andrea Rifatto | 02/12/2020 | CRONACA

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Antonio De Pace

Inizierà il 17 marzo il processo a carico di Antonio De Pace, il 28enne infermiere calabrese che il 31 marzo scorso ha ucciso a Furci Siculo la fidanzata Lorena Quaranta. Oggi pomeriggio in udienza preliminare il gup Fabio Pagana del Tribunale di Messina lo ha rinviato a giudizio per l’accusa di omicidio aggravato dalla premeditazione, dall’aver commesso il fatto contro la persona con cui aveva una relazione affettiva e da motivi abbietti e futili. Accolta quindi la richiesta avanzata nei mesi scorsi dalla Procura della Repubblica e formulata dal sostituto procuratore Roberto Conte, che ha coordinato l’inchiesta condotta dai Carabinieri della Compagnia di Taormina. Il gup ha rigettato l'istanza avanzata dai legali di De Pace, gli avvocati Bruno Ganino e Ilaria Intelisano, finalizzata a disporre una perizia psichiatrica sulla capacità di intendere e di volere dell’imputato per celebrare il processo con il rito abbreviato, rinviandolo quindi a giudizio con rito ordinario davanti alla Corte d’assise. In udienza preliminare si sono costituiti come parte civile i familiari della 27enne di Favara, difesi dall'avvocato Giuseppe Barba, e anche otto associazioni impegnate nella sensibilizzazione contro la violenza sulle donne, "Al Tuo Fianco" di Roccalumera (che gestisce un centro antiviolenza proprio a Furci), "Evaluna Onlus", "Insieme per Marianna Manduca", "Genesis", "Gens Nova", "Pink Project", "Cedav Messina" e "Una di noi Onlus". Secondo l’accusa, Antonio De Pace ha premeditato l’uccisione di Lorena Quaranta, studentessa di Medicina all’Università di Messina, e non ha agito in preda ad un raptus o preso dalla rabbia, come si era pensato in un primo momento. A sostegno di questa tesi alcuni messaggi WhatsApp inviati prima del delitto alla sorella e al fratello, con i quali manifestava la volontà di trasferire i risparmi, accumulati nel proprio conto corrente, ai nipoti: messaggi che poi ha cancellato dal cellulare per non lasciare tracce. Per la Procura segno che aveva pianificato il delitto attuato nella villetta di via Delle Mimose ed era certo delle conseguenze che ne sarebbero derivate. L’assassino, secondo quanto ricostruito dalle indagini, ha colpito Lorena con un oggetto contundente per tramortirla e poi le ha messo la mani al collo per strangolarla, causandone la morte pochi istanti dopo per asfissia acuta da soffocazione diretta.

Antonio De Pace, durante il primo interrogatorio nella caserma dei Carabinieri di Santa Teresa, aveva detto di aver ucciso la propria fidanzata “se non erro alle quattro o cinque di mattina, l’orario non lo ricordo. Ho usato un coltello, ho usato un piede, l’ho colpita alla testa con una lampada, l’ho colpita con un coltello all’addome e poi è morta. Con una lampada l’ho colpita alla faccia, la lampada era sul comodino. Le mani le ho messe al collo. L’ho affogata. Non ho altro da dire”. Tra i due c’è stata probabilmente una colluttazione seguita ad un violento litigio, Lorena ha tentato forse di difendersi ma lui non le ha lasciato scampo strangolandola: “La mia ragazza ha reagito, abbiamo avuto una colluttazione e poi l’ho uccisa - aveva detto sempre in sede di interrogatorio - e iniziata una lite alle nove di sera circa e poi l’ho ammazzata alle quattro. Avevo litigato perché soffrivo di ansia per il Coronavirus”. Poi l’infermiere ha tentato di suicidarsi, provocandosi dei tagli al collo e ai polsi. Un racconto confuso, poi più nulla, visto che davanti al giudice l’infermiere calabrese di Dasà non ha aperto bocca.

Più informazioni: femminicidio furci  


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