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Delitto Ravidà, esame del Dna per identificare la vittima: i familiari presentano denuncia
di Andrea Rifatto | 29/07/2022 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 29/07/2022 | CRONACA
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Il suv dove è stata trovata la vittima
È stato affidato questa mattina l’incarico per effettuare gli esami sul corpo di Riccardo Ravidà, il 34enne trovato morto nella tarda serata di martedì nelle campagne a monte di Fiumedinisi, in territorio del comune di Alì. Il sostituto procuratore Giulia Falchi ha dato mandato al medico legale Giovanni Andò di eseguire l’autopsia, per quanto sarà possibile visto che il cadavere è stato ritrovato carbonizzato, ma soprattutto ha incaricato il professionista di eseguire l’esame del Dna sui resti del giovane, che probabilmente verrà poi comparato con quello di un familiare per poter avere la certezza assoluta sulla sua identità. L’esame sul corpo servirà a chiarire se Ravidà sia stato effettivamente ucciso con alcuni colpi di arma da fuoco mentre si trovava al volante della sua auto, una Toyota Rav 4, ritrovata poi bruciata su quella stradina in contrada Ferrera. Procede intanto l’inchiesta condotta dai Carabinieri, coordinata anche dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio, che stanno ricostruendo le ultime ore del 34enne e i suoi rapporti con altre persone. Proprio in contrada Ferrera, nell’ottobre del 2011, l'allora 23enne Riccardo Ravidà fu protagonista del tentato omicidio di Gaetano Nucita, operaio di 36 anni, contro il quale sparò otto volte con un fucile calibro 12 caricato a pallettoni, raggiungendolo con un colpo alla schiena: per quell’episodio venne poi condannato a poco più di otto anni di reclusione. I familiari della vittima hanno intanto presentato una denuncia: “La famiglia Ravidà-Rasconà - prossimi congiunti di Riccardo Ravidà - scrive in una nota inviata al nostro giornale il legale che li assiste, l’avvocato Carmelo Antonio Pirrone - ha deciso di sporgere denuncia-querela nei confronti di ignoti per l’efferata vicenda che ha riguardato la vittima. Gli inquirenti, intanto, stanno svolgendo le opportune indagini preliminari al fine di ricostruire la dinamica degli eventi e le modalità esecutive dell’accadimento delittuoso, che allo stato hanno reso impossibile procedere all’identificazione del cadavere se non facendo ricorso all’esame del Dna. Resta inteso che la scelta dei familiari è quella di riporre nelle mani della Procura della Repubblica territoriale la necessità di ottenere giustizia e chiarezza sui fatti in commento”.