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De Luca: "Mano nera al Tribunale di Messina. Resta solo l'attentato per farlo fuori"
24/11/2017 | CRONACA
24/11/2017 | CRONACA
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De Luca con i suoi avvocati
"L'assoluzione di Cateno De Luca da tutti i reati contestatigli in relazione al ‘Sacco di Fiumedinisi’ e l'azzeramento di tutti i reati e di tutte le misure cautelari personali e reali da due organi giurisdizionali nello stesso Tribunale, il giudice delle indagini preliminari e il Tribunale della libertà, dimostrano senza il minimo dubbio che una ‘mano nera’ si aggira negli uffici giudiziari di Messina, la quale da tempo ha deciso che l'opera antimafia e antimassonica del deputato siciliano debba essere fermata". È quanto scrivono i legali di Cateno De Luca, Carlo Taormina e Tommaso Micalizzi, dopo il verdetto del Tribunale del Riesame. "Bisogna dare atto alla magistratura illuminata di quel Tribunale di aver avuto il coraggio di elevare barricate di onestà contro questi inverecondi attacchi perpetrati verso un uomo delle istituzioni che ha il torto di fare politica solo con la buona amministrazione e che ha avuto l'ardire di volersi impegnare per la ripulitura del verminaio messinese che abbraccia centri di potere, università e uffici giudiziari. C'è da augurarsi che si comprenda come, dopo l'abbattimento di ogni iniziativa giudiziaria criminalmente ideata per far fuori Cateno De Luca – proseguono gli avvocati – il deputato regionale sia esposto all'unica cosa contro la quale la storia siciliana dimostra che è impossibile combattere: un attentato mafioso che, ove si dovesse verificare, non potrà essere negato che sia stato ‘ordinato’ dagli stessi ambienti che da sette anni muovono la ‘mano nera giudiziaria’. Rimarrà nella storia della Repubblica l'arresto di un parlamentare dopo due giorni dalla sua elezione a dimostrazione di quel metodo mafioso che ha lasciato tanti cadaveri sulle vie della Sicilia. Rimarrà, altresì, nella storia la persecuzione penale che Cateno De Luca non si stancherà di contrastare, fino a quando non vadano in galera coloro, magistrati o non magistrati, che gli hanno imposto l'onta del carcere".