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Caporalato nelle case per anziani, cadono le accuse di estorsione per la famiglia Parisi
di Andrea Rifatto | 30/10/2022 | CRONACA
di Andrea Rifatto | 30/10/2022 | CRONACA
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La casa anziani "La Reggia dei Nonni" di Gaggi
Cade l’accusa più grave di estorsione per gli indagati dell’inchiesta sul caporalato nelle case di riposto della famiglia Parisi di Gaggi, che il 12 ottobre scorso ha portato a cinque arresti. Il Tribunale del Riesame di Messina ha infatti accolto parzialmente il ricorso presentato dall’avvocato difensore Salvatore Silvestro e il collegio presieduto dalla giudice Maria Vermiglio, formato anche dalle colleghe Alessia Smedile e Letteria Silipigni, ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare firmata dalla giudice per le indagini preliminari Claudia Misale limitatamente alle accuse di estorsione, accogliendo le tesi del difensore, mantenendo in piedi il quadro accusatorio solo per i reati di associazione a delinquere e intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (caporalato) nelle case di alloggio per anziani “La Reggia dei nonni” di Gaggi e “Casa Parisi” di Giarre. Il Riesame ha confermato la misura cautelare degli arresti domiciliari, eseguiti dalla Guardia di Finanza, nei confronti di Nunziato Parisi, 66 anni, amministratore delle società, della moglie Rosa Arcidiacono, 63 anni, e dei figli Federico (26 anni), Mauro Francesco (30 anni) e Rosario (32 anni), amministratori, soci e gestori di fatto. Le motivazioni del provvedimento saranno note nei prossimi giorni. In precedenza Nunziato Parisi e la sorella Maria Grazia, sottoposta all’obbligo di firma, avevano deciso di non rispondere alle domande durante gli interrogatori di garanzia, avvalendosi della facoltà di non rispondere, mentre la moglie e i figli avevano parlato davanti alla gip Misale e alla sostituta procuratrice Francesca Bonanzinga, titolare dell’inchiesta, negando tutti gli addebiti, sostenendo che i lavoratori avevano il loro necessario riposo e che gli orari di lavoro erano quelli consentiti. Il reato di estorsione veniva contestato in quanto secondo l’accusa la condotta può essere considerata estorsiva quanto “oltre che minacciosa consente la realizzazione di un profitto o di un vantaggio, anche non patrimoniale, ingiusto o privo di alcuna tutela giuridica, utilizzando strumenti leciti quali la statuizione di un contratto di lavoro e il successivo licenziamento, con un profitto che si intende perseguire che rimane pur sempre lecito (nel caso in esame perchè in violazione delle norme a tutela dei lavoratori”. Nell’inchiesta sui Parisi “l’ingiusto profitto è rappresentato dalla mancata erogazione delle somme legalmente dovute (dal datore di lavoro), anche per oneri contributivi e previdenziali e prestazioni di lavoro straordinario, con pari danno per i lavoratori”. Per l’accusa “appare evidente che Parisi Nunziato e i suoi sodali già in occasione del colloquio di lavoro imponevano condizioni di lavoro eccessivamente gravose e contrare alle previsioni normative, senza lasciare alcun margine di sindacabilità al lavoratore, conseguendo in tal modo un ingiusto profitto”. Per il Tribunale del Riesame, invece, non si configurano condotte estorsive.