Martedì 20 Maggio 2025
La sentenza accoglie le richieste dei familiari di un uomo residente nella zona jonica


Morì durante il ricovero al Policlinico: riconosciuto un milione di euro di risarcimento

di Andrea Rifatto | ieri | ATTUALITÀ

1916 Lettori unici

Il decesso avvenne nel 2010

Ci fu la responsabilità della struttura sanitaria nella morte del paziente e adesso i familiari devono essere risarciti. È quanto ha deciso la Seconda Sezione civile del Tribunale di Messina, con una sentenza del giudice Paolo Petrolo, su un caso di responsabilità professionale medica che ha coinvolto un uomo residente nella zona jonica, deceduto nel 2010 all’età di 55 anni. Il giudice ha riconosciuto il danno non patrimoniale subìto dai parenti e lo ha quantificato in quasi un milione di euro, precisamente 984mila 647 euro, di cui 308mila 969 euro alla moglie, 324mila 613 euro ad un figlio e 332mila 435 euro ad un altro figlio, oltre a riconoscere 15mila 659 euro di spese di giudizio. I familiari dell’uomo, assistiti dagli avvocati Daniela Crinò e Carlo Lo Schiavo, hanno citato in giudizio l’ospedale, il Policlinico di Messina (difeso dall’avvocato Pietro Recupero) e un medico specialista in Chirurgia vascolare (difeso dall’avvocato Adriana La Manna), chiedendo anche il risarcimento del danno non patrimoniale subito dalla vittima per la perdita della vita, il danno alla salute e per le sofferenze fisiche e morali patite, in ragione dello stato di angoscia per l’inesorabile avanzamento dei processi patologici e lo stato di disperazione nel veder sfumare le chances di guarigione; il danno non patrimoniale patito dalla madre convivente per il decadimento fisico e psichico che l’hanno condotta alla morte - a distanza di 14 mesi - provocata dalla perdita subita e dalla sofferenza provata; il risarcimento del danno patrimoniale derivato dal venir meno del reddito (1.300 euro mensili), essendo la vedova titolare di sola pensione di reversibilità (650 euro) e i figli titolari di alcun reddito. Richieste accolte parzialmente. 

Il 55enne era affetto da “dilatazione aneurismatica dell’aorta addominale sotto renale” e il 27 aprile 2010 subì un’operazione di “confezionamento di bypass aorto-basiliaco-bifemorale”. Nei giorni successivi, però, le sue condizioni peggiorarono e il 6 maggio venne sottoposto ad un secondo intervento chirurgico, che evidenziava una “perforazione ed ampia lacerazione del sigma con infarto massivo intestinale”, aggravata da un processo pleuropneumonitico bilaterale, che lo condussero all’arresto cardiocircolatorio e respiratorio e alla morte, avvenuta il 17 maggio. Il Tribunale, alla stregua della documentazione e della consulenza tecnica d’ufficio, ha condiviso le conclusioni che «l’intervento di protesizzazione dell’aorta addominale era congruo alla presentazione clinica e non vi erano valide alternative di trattamento endovascolare, lo stesso risulta correttamente eseguito e la rabdomiolisi che ha provocato l’insufficienza renale acuta è da considerarsi un evento prevedibile ma non prevenibile correlato alla metodica». Per il consulente «non si ravvisano profili di responsabilità a carico dei sanitari» ma «a carico della struttura sanitaria in quanto risulta accertata un’infezione pneumonitica contratta durante la degenza e ascrivibile all’intubazione orotracheale per ventilazione meccanica assistita, correlata a due agenti patogeni quali Pseudomonas aeruginosa e Acinetobacter baumannii, peraltro con plurima resistenza antibiotica, quindi a verosimile origine nosocomiale». Infezione nosocomiale che «ha avuto un rilevante peso causale nel comportare il progressivo scadimento delle condizioni cliniche generali fino al quadro di insufficienza multiorgano che ha comportato l’exitus». Il giudice ha inoltre deciso che i familiari dovranno rimborsare le spese di giudizio in favore del medico e dei terzi chiamati in causa, per un importo di  15.659 euro ciascuno.


COMMENTI

Non ci sono ancora commenti, puoi essere il primo.

Lascia il tuo commento

Dichiaro di aver preso visione dell'informativa privacy ai sensi del D.Lgs. n. 196/2003.