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"Vite annegate", il racconto degli sbarchi a Lampedusa
01/12/2013 | ATTUALITÀ
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Gli studenti con Roberto Rapisarda
Gli alunni delle classi seconde del triennio sezioni A, B e C del Liceo Classico “E.Trimarchi”, dell’Istituto d’istruzione Superiore di S. Teresa, diretto da Carmela Maria Lipari, hanno incontrato nei locali del Palazzo della Cultura, Roberto Rapisarda, per sette anni a capo della caserma dell’Arma sull’isola di Lampedusa, oggi comandante della stazione dei carabinieri di Palagonia, e autore del romanzo “Vite annegate”, edito da Armando Siciliano. L’iniziativa, programmata dal Dipartimento di Storia, coordinato dalla prof.ssa Francesca Gullotta, rientra nel Progetto “Migrazioni contemporanee” ed ha la finalità di informare e sensibilizzare gli studenti sul tema dell’immigrazione e della multiculturalità.
Gli studenti hanno riflettuto, attraverso varie forme espressive, sulle cause che spingono i migranti a lasciare i paesi d’origine, soprattutto il continente africano, abbandonando la loro identità so ciale, la loro storia, i tanti legami affettivi, per cercare una vita migliore e sfuggire, alla violenza, alla fame, alle malattie e a morte sicura, perché “ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni”.
Non bisogna mai dimenticare che le tantissime persone che arrivano sulle nostre coste, cercando di attraversare il canale di Sicilia, diventato ultimamente il sepolcro di tantissime vite, sono esseri umani e in quanto tali è un dovere di tutti accoglierli e cercare di dare i primi soccorsi.
La testimonianza di Roberto Rapisarda, dal forte impatto emotivo, frutto dell’esperienza fatta per sette anni sull’isola di Lampedusa e nelle missioni umanitarie nei Paesi poveri dell’Africa, ha rafforzato nei presenti il valore della solidarietà e dell’accoglienza, perché si pensi ai migranti, come a persone bisognose di aiuto, sostegno e collaborazione. Egli ha con forza ribadito ai giovani che devono impegnarsi nella costruzione di una società veramente evoluta e democratica e che non bastano le leggi, per altro in questo momento ingiuste e discriminatorie, ad affrontare questi intensi flussi migratori, ci vuole il cuore, ci vuole lo spirito di fratellanza e un profondo senso di pietà e giustizia, tutti valori che bisognerebbe avere anche quotidianamente, quando si incontra per la strada un povero, un diseredato, un extracomunitario, una persona meno fortunata, che ha il nostro stesso diritto alla salute e alla vita. L’uomo ha sempre bisogno dell’altro uomo e nessuno dovrebbe diventare carnefice di un proprio simile.