Green Pass, difficoltà per bar e ristoranti: "Costretti a chiederlo ma perdiamo clienti"
di Andrea Rifatto | 17/08/2021 | ATTUALITÀ
di Andrea Rifatto | 17/08/2021 | ATTUALITÀ
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Nino Parisi, Francesco Famà e Carlo Tono
Fa discutere anche i titolari di pubblici esercizi della zona jonica il Green Pass, obbligatorio dal 6 agosto per accedere in diverse strutture e anche nei servizi di ristorazione svolti con il consumo al tavolo al chiuso. La certificazione, che attesta di aver fatto almeno una dose di vaccino oppure essere risultati negativi a un tampone molecolare o rapido nelle 48 ore precedenti o di essere guariti dal Covid-19 nei sei mesi precedenti, deve essere esibita in formato cartaceo o digitale su smartphone, ma le incertezze su come gestirla sono ancora tante. I ristoratori e i baristi sono stati quindi costretti a trasformarsi quasi in “sceriffi”, in tanti si sono adeguati pur con qualche mugugno, ma molti si sentono puniti e lamentano di essersi trasformati in vigili per la pubblica salute e sicurezza. Con un particolare di non poco conto: la nuova regola rischia di trasformarsi in un’altra discriminazione tra locali, con i clienti sceglieranno quelli con spazi all’aperto, dove si può accedere senza Green Pass, penalizzando di conseguenza quelli senza zone scoperte. Siamo andati a capire come sta andando nei comuni jonici dopo l’introduzione della certificazione verde. “Il Green Pass è certamente uno strumento utile perchè dobbiamo essere al più presto tutti vaccinati e protetti - dice Nino Parisi, titolare dello storico bar Ciccio Parisi di Roccalumera - noi lo chiediamo ma spesso c’è un po’ di imbarazzo nel farlo, qualcuno si arrabbia perchè non vuole fornire il documento. A mio avviso in un locale come un bar, dove il consumo avviene velocemente, è sbagliato dover esibire questa certificazione, anche perchè è impossibile poter controllare tutti”. Nella vicina Furci Siculo incontriamo Francesco Famà, proprietario del ristorante Sapori di Mare: “L’obbligo di Green Pass lo abbiamo accolto con incertezza - esordisce - ancora dobbiamo capire come funziona esattamente, neanche i clienti l’hanno capito bene: alcuni si arrabbiano quando lo chiediamo all’ingresso, mi sono reso conto che ancora pochi ce l’hanno e quindi ci sono difficoltà a farli sedere all’interno. Per fortuna abbiamo anche una terrazza all’aperto - aggiunge - e quindi riusciamo a lavorare comunque, ma registriamo un calo di presenze, di solito ad agosto eravamo sempre pieni invece quest’anno riusciamo a riempire la terrazza ma all’interno si sta più larghi. Ci è capitato di dover respingere clienti, giovedì su 15 tavoli prenotati ne abbiamo potuti riempire solo 4, perchè tutte le altre persone erano senza Green Pass. A livello economico - conclude Famà - ne soffriamo e perdiamo coperti ogni giorno”. Situazione analoga al ristorante Aloha Mare di Santa Teresa di Riva: “Ci atteniamo alle regole e chiediamo il Green Pass - racconta il ristoratore di lungo corso Carlo Tono - ma non riusciamo a riempire la sala interna, perchè non facciamo entrare avventori senza la certificazione e quindi rimangono dei tavoli vuoti. C’è stato anche qualche litigio, la gente aspetta che si liberino i tavoli fuori ma tutto ciò ci sta creando un grande disagio e non riusciamo a spingere per come dovremmo in questo mese di agosto. Secondo me è stata una misura esagerata - conclude - non c’erano le condizioni per introdurla e ancora qui in Sicilia molta gente non ha il Green Pass”. Ciò che balza agli occhi sono le contraddizioni che si notano quotidianamente sul territorio, con luoghi anche al chiuso, come negozi o chiese, dove spesso non si rispettano le minime norme come uso delle mascherine e distanziamento e si può accedere senza certificazione, mentre nei locali pubblici l’introduzione del Green Pass rischia di produrre ulteriori danni economici a categorie già pesantemente danneggiate da un anno e mezzo di emergenza sanitaria.