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Decaduto il sindaco di Giardini Naxos: la Corte d'appello respinge il suo ricorso
di Andrea Rifatto | oggi | ATTUALITÀ
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Giorgio Stracuzzi è stato eletto nel 2020
Arriva a fine anno il verdetto sulla decadenza del sindaco di Giardini Naxos, Giorgio Stracuzzi, in carica dal 2020. La Corte d’appello di Messina ha depositato oggi la sentenza del ricorso presentato l’8 gennaio 2024 dal primo cittadino per chiedere l’annullamento dell’ordinanza di primo grado emessa dal Tribunale di Messina il 7 dicembre 2023, con la quale è stata dichiarata la decadenza del sindaco dopo il ricorso depositato l’1 marzo 2022 dagli ex consiglieri di minoranza Agatino Bosco e Francesco Palumbo. La Prima Sezione Civile della Corte d’appello, dopo la camera di consiglio del 18 dicembre composta dai magistrati Massimo Gullino (presidente relatore), Augusto Sabatini e Marisa Salvo (consiglieri), ha rigettato l’appello proposto da Stracuzzi, difeso dagli avvocati Arturo Merlo e Marcello Scurria, e lo ha condannato a pagare a Bosco e Palumbo, assistiti dall'avvocato Lucio Fresta, le spese di lite per 9.991 euro, oltre spese generali nella misura del 15%, Iva e Cpa. Dichiarato inammissibile, invece, l’intervento in giudizio di Giuseppe Rodi, in proprio e quale rappresentante dell’associazione Libera Voce Naxiota, che chiedeva di dichiarare inammissibile e comunque rigettare l’appello del sindaco e sosteneva come la condizione di incompatibilità fosse presente già al momento delle elezioni, per cui essa comportava l’assoluta incandidabilità e ineleggibilità alla carica di sindaco, e la nullità di tutti gli atti compiuti, essendo tra l’altro l’ordinanza dichiarativa della decadenza immediatamente esecutiva, con la richiesta di trasmissione degli atti alla Procura. Secondo Rodi, infatti, trattandosi di ordinanza e non di sentenza, non risultavano applicabili le disposizioni che prevedono la sospensione dell’esecutività della sentenza qualora venga proposto appello, per cui vi era il sospetto che Stracuzzi avesse affermato di aver proposto appello contro una sentenza al fine di far credere alla cittadinanza che l’esecuzione dell’ordinanza fosse sospesa, commettendo in tal modo il reato di abuso della credulità popolare; inoltre, poiché l’incompatibilità (non dichiarata) era presente al momento della candidatura, oltre alla decadenza si sarebbero dovute dichiarare nulle le elezioni e decaduti Giunta e Consiglio comunali. Tuttavia l’intervento di Rodi è stato giudicato inammissibile perchè proposto solo tardivamente, nel giudizio di appello, con la condanna a pagare a Giorgio Stracuzzi 4.996 euro di spese di lite. Dal maggio 2024 il procedimento era rimasto congelato per il pensionamento del relatore del collegio, fino a quando lo scorso 26 marzo, dopo l’istanza presentata da Rodi, è stato designato come nuovo relatore il presidente di Sezione, Massimo Gullino, e il procedimento è ripartito. Gli incarichi al fratello del sindaco alla base del ricorso Le motivazioni della sentenza di appello
La vicenda è legata a due incarichi affidati dal Comune di Giardini Naxos al fratello del sindaco, di professione architetto, prima della sua elezione, che che hanno fatto però finire Giorgio Stracuzzi in una situazione di incompatibilità, visto che l’articolo 61 del Decreto legislativo 267/2000 (Testo unico degli Enti locali) al comma 1bis prevede come “Non possono ricoprire la carica di sindaco o di presidente di provincia coloro che hanno ascendenti o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo grado che coprano nelle rispettive amministrazioni il posto di appaltatore di lavori o di servizi comunali o provinciali o in qualunque modo loro fideiussore”. La Corte d’appello, con un’articolata sentenza, ha innanzitutto stabilito che Agatino Bosco e Francesco Palumbo erano legittimati ad avviare l’azione popolare di decadenza in quanto cittadini-elettori e ha poi ribadito le conclusioni dell’ordinanza di primo grado, sebbene sulla base di ragioni parzialmente diverse, dopo un’ampia disamina dell’articolo 61 comma 1 bis del Tuel (D. Lgs. 267/2000) e dell’articolo 67 n. 4 dell’Ordinamento amministrativo degli enti locali della Regione siciliana (Lr. 16/1963) e tra le fattispecie della ineleggibilità e della incompatibilità.
«L’avere fatto riferimento, nel ricorso introduttivo del giudizio, alla figura della “incompatibilità”, invece che a quella della “ineleggibilità” - scrivono i giudici - non priva di rilievo il fatto che con il medesimo atto introduttivo siano stati allegati e dimostrati – a sostegno della domanda di decadenza del sindaco – alcuni incarichi professionali affidati a un prossimo congiunto che assumono rilievo sia ai fini della norma statale che di quella regionale e la cui idoneità a ingenerare una condizione ostativa allo svolgimento dell’incarico è stata accertata nell’ordinanza impugnata, senza che sul punto siano stati formulati motivi di impugnazione. Sebbene il giudice di primo grado abbia ritenuto che la fattispecie ricadesse nella previsione di incompatibilità sancita dalla norma statale - si legge in sentenza - non vi è dubbio che la stessa ipotesi sia riconducibile anche alla previsione di ineleggibilità sancita dalla norma regionale e che anche tale situazione dovesse comportare la decadenza dall’incarico. Sarebbe, infatti, del tutto irragionevole che la perdita sopravvenuta delle condizioni di ineleggibilità produca la decadenza dalla carica e che lo stesso non valga nel caso di preesistente condizione di ineleggibilità scoperta successivamente alle elezioni. La pronuncia di decadenza dalla carica di sindaco – ad avviso della Corte d’appello – sarebbe stata ammissibile anche semplicemente facendo applicazione diretta della norma regionale». I difensori di Stracuzzi chiedevano ai giudici di sollevare previamente una questione di legittimità costituzionale in relazione all’articolo 67 dell’Ordinamento degli enti locali siciliano, finalizzata a ottenere la “trasformazione “ della causa di ineleggibilità stabilita dalla norma regionale in causa di incompatibilità per una sorta di disparità di trattamento visto che il sindaco direttamente interessato nell’appalto, in quanto soltanto incompatibile, può rimuovere la causa ostativa, mentre quello solo prossimo congiunto di chi è interessato nell’appalto, in quanto ineleggibile, non ha questa possibilità. Ma per la Corte «l’unica conseguenza astrattamente derivante da siffatta modifica della disposizione regionale sarebbe quella di rendere possibile il venir meno della condizione di incompatibilità attraverso la rimozione della causa della stessa incompatibilità. Ma, nel caso di specie, tale rimozione non soltanto – come puntualmente osservato nell'ordinanza impugnata – non è stata mai effettuata dal sindaco, ma secondo le stesse difese di quest’ultimo, non è neppure possibile». Per la difesa di Stracuzzi, però, anche la nuova previsione normativa sarebbe contraria agli articoli 3 e 51 della Costituzione, perché introdurrebbe una previsione di incompatibilità del tutto anomala, in quanto caratterizzata dall’impossibilità della rimozione della causa della stessa incompatibilità (in quanto dipendente non dalla volontà del sindaco, ma da quella del prossimo congiunto). Anche questo motivo di ricorso, però, è stato dichiarato manifestamente infondato, con puntuali riferimenti a sentenze della Corte costituzionale e della Cassazione, poiché «la presenza di interessi di rango costituzionale giustifica la previsione di cause di ineleggibilità e di incompatibilità costituenti ostacoli insormontabili all’esercizio dell’elettorato passivo, quand’anche la possibilità di rimuoverle non dipenda dalla volontà dell’interessato».

















