Giovedì 25 Aprile 2024
Accolto il ricorso della ditta esclusa: la gestione non doveva andare all'uscente


Santa Teresa, la gara per l'asilo nido fu illegittima: il Tar condanna il Comune e la Cuc

di Andrea Rifatto | 07/08/2022 | ATTUALITÀ

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L'asilo nido di via Fratelli Lo Schiavo

Quell’aggiudicazione è stata illegittima e a vincere la gara doveva essere un altro operatore. A sancirlo è stato il Tar di Catania, con una sentenza sull’appalto per la gestione e il potenziamento dell’asilo nido comunale di Santa Teresa di Riva. I giudici della Quarta Sezione hanno infatti accolto il ricorso della società cooperativa sociale “Iride” di Scordia, presentato contro il Comune (che non si è costituito), la Centrale unica di committenza (Cuc) “Consorzio Tirreno Ecosviluppo 2000” rappresentata dall’avvocato Benedetta Caruso e l’associazione “Asofa” di Gaggi, difesa dall’avvocato Rosario Coppola, per annullare la determina del 30 aprile 2021 e gli atti connessi con la quale il Comune ha aggiudicato a quest’ultima la gara del progetto Infanzia 2020-2021, attuando però secondo il Tar una disparità di trattamento tra i due concorrenti. La ditta catanese è arrivata prima in graduatoria con un’offerta di 55mila 710 euro, seguita dalla concorrente gaggese con 56mila 576 euro: entrambe le offerte, però, sono state sottoposte a verifica di congruità, in quanto superavano la soglia di anomalia, e all’esito delle giustificazioni la “Asofa” si è aggiudicata la gara, nonostante la sua offerta fosse inferiore a quella della “Iride”, perchè la proposta della prima classificata è stata ritenuta non congrua, non sostenibile e non realizzabile, sia dalla commissione di gara della Cuc che dal responsabile unico del procedimento, la dipendente comunale Rosa Chillemi. Il Tar ha accolto il ricorso della “Iride”, difesa dall’avvocato Rocco Mauro Todero, ma considerato che l’appalto è stato già interamente eseguito dall’aggiudicataria, vincitrice anche nel 2020 e nel 2022, il Collegio si è limitato a “dichiarare l’illegittimità dell’aggiudicazione impugnata, non potendone più disporre l’annullamento per sopravvenuta carenza di interesse della ricorrente”, alla quale ha riconosciuto il risarcimento del danno per 1.500 euro, condannando Comune, Centrale di committenza e “Asofa” a pagare 3mila euro di spese processuali. L'Amministrazione comunale di Santa Teresa ha raggiunto adesso un accordo siglando un atto di transazione con la “Iride”, che aveva affidato l’incarico all’avvocato Maria Pia Vitale per procedere al recupero coattivo delle somme, e verserà solo la sorte capitale di 1.500 euro (senza interessi e rivalutazione) e le spese processuali per 4mila 377 euro, per un totale di 5mila 877 euro, con riserva del recupero del 50% della somma, pari a 2mila 938 euro, dalla Centrale di committenza. 

Diverse le anomalie rilevate dai giudici amministrativi nella procedura di gara, alla quale hanno partecipato sei ditte. Dopo la bocciatura delle giustificazioni dell’offerta anomala, la “Iride” si è rivolta al Tar lamentando un’erronea valutazione e un giudizio sommario e immotivato di inidoneità dell’offerta da parte del responsabile unico del procedimento, oltre che la genericità delle indicazioni del bando e del disciplinare di gara che avrebbero alterato le regole della concorrenza, decretando un vantaggio competitivo in favore del gestore uscente, ossia la "Asofa". Vari gli aspetti contestati nel ricorso, in particolare in merito a personale, materiali e attrezzature. Il Tar ha rilevato una “palese incongruità dell’offerta della ‘Asofa’ rispetto alle previsioni di gara sulle quali l’Amministrazione resistente non ha sollevato alcuna censura critica” (7 unità di personale per dieci mesi l'anno anzichè 9 come previsto dal bando, senza alcuna distinzione di periodi di servizio) e una “irragionevolezza della valutazione sulla congruità dell’offerta della ‘Iride’, tanto più se posta a confronto con quella eseguita in relazione all’offerta dell’aggiudicataria” riguardo ai costi per la fornitura di materiale ludico-educativo, didattico e ricreativo, con una contestazione illegittima “a fronte di un’offerta che fornisce adeguata spiegazione delle ragioni del costo quantificato”. Sullo stesso punto, tra l’altro, “le giustificazioni rese dall’Asofa erano generiche” mentre nei confronti della concorrente “l’Amministrazione aveva mosso delle censure specifiche”. Con riguardo alla mensa, il capitolato non indicava alcun costo “il che rende incerto il bando ed illegittima la relativa censura dell’Amministrazione resistente sull’offerta formulata dalla ricorrente - scrive il Tar - l’omessa previsione di costi, infatti, pregiudica la possibilità di muovere censure sui costi quantificati dalle offerenti in ordine al relativo servizio mensa”. Dunque una disparità di trattamento che ha portato all’accoglimento del ricorso.


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