Venerdì 26 Aprile 2024
Comuni insigniti del riconoscimento ma la qualità dell'acqua lascia spesso a desiderare


Le Bandiere blu sul mare marrone, il paradosso dell'estate senza colpevoli e soluzioni

di Andrea Rifatto | 15/05/2023 | ATTUALITÀ

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Una scia che ha attraversato nei giorni scorsi la costa

Le spiagge saranno anche insignite delle Bandiere blu, ma al colore del vessillo molto spesso non corrisponde quello del mare. I primi segnali sullo stato di salute dello specchio d’acqua della costa jonica non sono positivi in vista della stagione estiva. Proprio poche ore prima dell’assegnazione dei vessilli della Fee ai comuni di Santa Teresa di Riva, Furci Siculo, Roccalumera e Alì Terme, una scia di sporcizia solcava il mare stridendo con la certificazione della qualità ambientale delle località rivierasche consegnata a Roma. Proprio la qualità delle acque di balneazione è uno dei 33 requisiti imperativi da osservare per ottenere la Bandiera blu e la spiaggia deve rispettare pienamente i requisiti di campionamento e frequenza: tutte le analisi devono rientrare negli standard Fee (Escherichia coli <250/100 UFC/ml; enterococchi intestinali <100/100 UFC/ml) e per la valutazione delle acque di balneazione la Commissione si avvale dei dati certificati forniti da Arpa o da laboratori accreditati, che il Comune allega al questionario con tutti i risultati delle analisi di qualità delle acque di balneazione delle ultime quattro stagioni, con almeno un prelievo ogni 31 giorni di cui almeno uno nei 31 giorni precedenti l’inizio della stagione. Al momento delle analisi, dunque, tutto fila liscio visto che i risultati analizzati dalla Fee sono al di sotto dei limiti previsti, ma poi basta una scia di sporcizia o spazzatura che solca la costa per un’intera giornata ed ecco che il mare non è più cristallino come tutti si aspettano, attraversato da chiazze di rifiuti o reflui fognari la cui origine rimane quasi sempre sconosciuta. Gli impianti di depurazione della zona jonica non presenterebbero gravi problemi di funzionamento e il materiale solido trasportato in sospensione non può provenire dai depuratori: in questi anni è stato invece ipotizzato come potrebbe trattarsi di rifiuti scaricati nei torrenti (come in queste settimane di piene dopo il maltempo) o provenienti da discariche dismesse e poi trasportati in mare insieme ai detriti (non solo in Sicilia), ma anche scarti scaricati dalle navi da crociera e dai mercantili. 

Un problema che si ripete ogni estate ma che non è stato finora arginato e combattuto, nonostante incontri e tavoli tecnici sia alla Regione che alla Città metropolitana e le promesse di task force di esperti per il monitoraggio delle acque, la verifica dei depuratori e la ricerca di eventuali sversamenti abusivi. Il risultato è che in alcune giornate i bagnanti sono costretti a rimanere sulla spiaggia, perchè è impossibile entrare in acqua. Le soluzioni? Nel 2020 l’allora sindaco metropolitano Cateno De Luca annunciò l’impiego di un battello spazzamare tipo “Pelikan” per la raccolta dei rifiuti galleggianti solidi e liquidi (che già nel 2015 la Guardia costiera evidenziò non fosse utilizzabile nelle fascia di balneazione 9-19, in quanto mezzo a motore) ma l’intervento non è stato mai attuato. I Comuni potrebbero invece valutare la posa in mare di barriere galleggianti antinquinamento, opportunamente zavorrate, piazzandole magari entro i 200 metri dalla costa per circoscrivere la macchia di sporcizia, quasi sempre proveniente dal largo, e proteggere la fascia più a ridosso della spiaggia. Soluzioni che hanno dei costi, probabilmente non indifferenti, che tecnici esperti del settore hanno già prospettato ai sindaci da qualche tempo. Nel frattempo bisognerebbe concentrarsi a cercare le fonti di inquinamento, altrimenti sarà un’altra estate di pessime figure agli occhi di visitatori e turisti, attratti anche dalle Bandiere blu, con un danno economico anche per gli operatori turistici.


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