Giovedì 25 Aprile 2024
Con il maltempo situazione notevolmente peggiorata. L'intervento di Di Leo e Aloisi


La Ss 114 è una roulette russa: rischio frane ed esondazioni e viabilità appesa ad un filo

di Andrea Rifatto | 01/11/2021 | ATTUALITÀ

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La passerella sull'Agrò è quasi ostruita

Due ponti chiusi da tre anni ma soggetti a limitazioni da almeno dieci, due passerelle provvisorie sui torrenti che continuano a rappresentare l’unico filo sottile che garantisce la viabilità tra Messina e Catania, tratti soggetti a frane, smottamenti e caduta massi, dove il pericolo è sempre dietro l’angolo. La Strada statale 114 Orientale sicula è ormai una roulette russa e tutta la sua fragilità è emersa ancora di più durante i giorni scorsi, quando il traffico è stato deviato nei comuni jonici per la chiusura dell’A18 tra Roccalumera e Tremestieri. Il tratto più critico è quello tra Sant’Alessio Siculo e Scaletta Zanclea, dove il mancato avvio dei lavori di demolizione e ricostruzione dei ponti Agrò (Santa Teresa di Riva-Sant’Alessio) e Fiumedinisi (Nizza di Sicilia-Alì Terme) costringe ormai da quattro anni a utilizzare le due bretelle realizzate nei torrenti, che in caso di piena dei corsi d’acqua potrebbero essere sommerse. Negli ultimi giorni, dopo le continue piogge, la situazione è notevolmente peggiorata e l’innalzamento del livello degli alvei ha ostruito parzialmente le canne che sorreggono gli impalcati a corda molla, così costruiti proprio per consentire ai torrenti di sovrastarli qualora siano ingrossati, invase da sabbia, detriti e alberi con il rischio che al prossimo temporale l’acqua invada la sede stradale costringendo alla chiusura e isolando i territori, visto che l’unica alternativa sarebbe l’autostrada, con tutti i problemi che per il momento la affliggono. Anas non ha effettuato fino ad oggi la risagomatura delle aste torrentizie in corrispondenza delle due passerelle, un intervento di manutenzione ordinaria che negli anni scorsi è servito a scongiurare l’emergenza e limitare quantomeno il rischio di esondazione. 

Sulla precarietà della Statale 114 intervengono anche Giacomo Di Leo del Comitato “No frane No precarietà” e Francesco Aloisi, attivista del M5S, che evidenziano come vi siano punti molto vulnerabili già luogo di tragici eventi alluvionali: “I torrenti Racinazzi e Divieto a Scaletta sono abbandonati a sè stessi da più di cinque anni per assurde burocrazie e da una clamorosa inettitudine delle istituzioni - denunciano -  ormai è evidente che questi luoghi sono diventati per i politicanti solo un simbolo da celebrare una volta l’anno per passerelle istituzionali, infatti il presidente della regione quasi ogni anno partecipa alla commemorazione delle 37 vittime giungendo anche a Scaletta. La domanda sorge spontanea: possibile che non si accorga che i torrenti Racinazzi e Divieto versano in condizioni di totale abbandono? Quando le assurdità come queste incombono, occorre ‘battere i pugni’ sui tavoli delle sedi istituzionali, pretendendo l’ordinaria manutenzione. Dai fatti che raccontano queste tristi vicende non emerge da parte delle amministrazioni comunali della riviera jonica messinese nessuna particolare critica - proseguono Di Leo e Aloisi - nessuna mobilitazione sociale contro i partiti dominanti la Sicilia, le loro burocrazie, i loro uomini seduti negli enti preposti la sicurezza territoriale. Evidentemente, non si vogliono disturbare i ‘Bellissimi’ di Palermo e i loro seguaci locali seduti negli enti deputati alla nostra sicurezza sociale! Perché si continua a lasciare nell’incuria la Ss 114? E Capo Alì? Che fine hanno fatto le promesse delle istituzioni, non erano già pronti i capitoli di spesa per le gallerie, come dichiarava un funzionario dell'Anas in una delle ultime riunioni pubbliche al comune di Alì Terme? Le popolazioni locali sono stanche e indignate per queste continue bugie e le passerelle istituzionali - concludono i due - come Comitato No Frane-No Precarietà, oltre ad aver lanciato da anni una petizione popolare con raccolta firme, riteniamo che solo una pacifica protesta sociale organizzata dal basso, dalle popolazioni martoriate da decenni di ferite materiali e morali, possa salvare la vita degli abitanti del luogo. È ora della lotta vera, non delle generiche lamentele”.


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