Sabato 20 Aprile 2024
"Bisogna avere responsabilità e amore per la vita", il suo insegnamento eterno


Furci Siculo piange per Lorena: il suo nome per sempre sulla panchina rossa - FOTO e VIDEO

di Andrea Rifatto | 28/11/2021 | ATTUALITÀ

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Sindaco e familiari scoprono la panchina per Lorena

Più il ricordo di Lorena si fa vivo, più la pioggia si fa intensa, come se quelle che scendono dal cielo non fossero gocce d’acqua ma lacrime. Il pianto di una ragazza di 27 anni con il sorriso sempre sul volto, solare con tutti, uccisa una maledetta mattina di venti mesi fa. Lorena Quaranta, studentessa di Favara all'ultimo anno di Medicina all’Università di Messina, a Furci Siculo era di passaggio, in quella villetta di via Delle Mimose dove viveva col suo carnefice, ma da ieri il suo nome è impresso sulla panchina rossa esistente dal 2017 sul lungomare in piazza Luigi Petroselli, per ricordare l’ennesima vittima di femminicidio e non spegnere l’attenzione sul problema. I genitori di Lorena hanno infatti espresso il desiderio che la panchina fosse intitolata alla figlia e così l’associazione-centro antiviolenza “Al tuo fianco”, presieduta da Cettina La Torre, ha inviato la proposta all’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Matteo Francilia, che non ha dimenticato quel triste fatto di sangue e combatte ogni forma di violenza e dunque ha accolto la richiesta. “Oggi a Furci non poteva splendere il sole, è una giornata triste per tutti - dice il sindaco Matteo Francilia - Lorena resterà sempre una nostra concittadina e vivrà nei nostri cuori”. Proprio i familiari di Lorena hanno voluto che la panchina fosse dedicata alla figlia, una richiesta accolta dall’associazione-centro antiviolenza “Al tuo fianco” presieduta da Cettina La Torre e dell’Amministrazione. E ieri a scoprire la targa c’erano papà Vincenzo e mamma Cinzia, arrivati da Favara con il fratellino Giuseppe, visibilmente commossi nel vedere che un intero comprensorio si è stretto attorno alla figlia. 

In cielo volano palloncini bianchi, smette di piovere e forse Lorena accenna per un attimo un sorriso nel vedere quante persone le vogliono bene, lei che voleva diventare un medico per aiutare gli altri. All’iniziativa hanno preso parte amministratori dei comuni jonici; il questore Gennaro Capoluongo; la viceprefetta Silvana Merenda; il capitano Giovanni Riacà, comandante della Compagnia Carabinieri di Taormina; il vicequestore Fabio Ettaro, dirigente del Commissariato di Polizia di Taormina; le parlamentari nazionali e regionali Urania Papatheu, Maria Flavia Timbro e Valentina Zafarana; la vicepresidente dell’Ordine degli Avvocati Maria Isabella Celeste; la vicepresidente del Comitato Pari Opportunità Carmela Spadaro; la prorettrice al Welfare e Politiche di genere dell’Ateneo Giovanna Spatari; Vera Squadrito e Giovanna Zizzo, mamme di giovani vittime di femminicidio. “Sono tragedie mute dinanzi alle quali non ci sono parole per questi genitori stroncati per tutta la loro esistenza e si può trovare consolazione solo nella fede - dice la viceprefetta - serve un’educazione al rispetto che si impara dai comportamenti”. “Lo Stato è presente per tutelare le fasce deboli e in occasione di queste tragedie bisogna cercare memoria e giustizia, non vendetta ma regole da rispettare e pene da scontare - afferma il questore - l’invito che rivolgiamo alle donne vittime di violenze è quello di denunciare, puntiamo molto sulla prevenzione ma anche sul recupero del soggetto maltrattante”. Per il capitano Riacà “una problematica che non ha confini e va affrontata congiuntamente da tutta la società, con continui momenti di confronto per far sì che non si debbano celebrare cerimonie in ricordo delle vittime, spingendo le donne ad avere il coraggio di denunciare e fiducia nelle istituzioni”. “Denunciare è il primo passo da fare - ripete la presidente La Torre - e sensibilizzare i più giovani a partire nelle scuole, serve una rivoluzione di uomini e donne, dobbiamo inorridire tutti davanti ai gesti di violenza e salvare le vittime prima che sia troppo tardi”. “Bisogna avere responsabilità e amore per la vita”, scriveva Lorena sui social network prima di morire: una frase che la mamma ha tatuata sul braccio e che l’Università, come annunciato dalla professoressa Spatari, imprimerà nel cortile del Rettorato in sua memoria, perché uomini e donne possano leggerla e combattere insieme la violenza.



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