Martedì 21 Maggio 2024
Ritenuti appartenenti al clan Brunetto. Decisiva la denuncia della vittima


Estorsioni con metodo mafioso a Taormina, in carcere due catanesi

26/07/2017 | CRONACA

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Emanuele Salvatore Blanco e Francesco Antonio Faranda

I carabinieri della Compagnia Carabinieri di Taormina hanno dato esecuzione la scorsa notte a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere presso la Casa circondariale di Siracusa nei confronti di due soggetti ritenuti esponenti di Cosa nostra etnea e accusati, a vario titolo, di estorsione in concorso, con l’aggravante del metodo mafioso, commessa nel territorio taorminese. Il provvedimento emesso dal gip Eugenio Fiorentino del Tribunale di Messina, su richiesta del procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia peloritana, Sebastiano Ardita, e del sostituto procuratore della Repubblica Francesco Massara, è scattato nei confronti di Francesco Antonio Faranda, 38 anni, ed Emanuele Salvatore Blanco, 44 anni, entrambi nati a Catania e residenti a Fiumefreddo di Sicilia, ritenuti appartenenti  al clan Brunetto, egemone nell’area sub-etnea nord-occidentale.

I provvedimenti di carcerazione sono scaturiti dalla prosecuzione una più complessa attività d’indagine svolta nell’ambito dell’operazione denominata “Good Easter”, che portò nel mese di aprile all’arresto anche di altri due esponenti di spicco di Cosa nostra e che vide oggetto dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere anche Carmelo Porto, 60enne nato a Catania e residente a Calatabiano, ritenuto anche per pregresse vicende giudiziarie elemento apicale del clan mafioso Cintorino. Nella prima operazione i militari dell’Arma durante l’attività di prevenzione acquisivano da fonti confidenziali la notizia che appartenenti a clan mafiosi operavano anche nel comune di Taormina tentando di sottoporre ad estorsione attività economiche e nello specifico rivendite di autovetture.  In questa circostanza invece i due soggetti tratti in arresto per estorsione in concorso, con l’aggravante di aver agito con il metodo mafioso sempre nell’aprile scorso, ponevano in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco a costringere un imprenditore titolare di agenzia del luogo a concludere un contratto di assicurazione di autoveicolo con targa di prova, nonostante la targa non fosse registrata alla banca dati, condizione questa necessaria alla conclusione del contratto. Nello specifico, dopo che l’imprenditore  aveva comunicato ad uno degli aguzzini il rifiuto alla stipula del contratto di assicurazione, quest’ultimo telefonicamente minacciava la vittima dicendogli “….Sono problemi tuoi, forza il sistema, premi il bottone e fammi la polizza..” e poi ancora: “…senti tu non lo sai chi sono io? Quando ti chiedo una cosa chiudi l’ufficio e vieni subito a casa mia, non ci vieni?”, altrimenti avrebbe sistemato con le maniere forti la faccenda.

I carabinieri predisponevano tra le altre attività un servizio di vigilanza nei confronti della vittima e della sua compagna e notavano la presenza di un soggetto (prontamente riconosciuto in Blanco) che nel tardo pomeriggio di un giorno di aprile si poneva davanti alla porta dell’agenzia della vittima e all’arrivo di quest’ultima vi faceva ingresso soffermandosi per alcuni minuti: una volta uscito il Blanco si metteva alla guida della sua autovettura ma veniva bloccato ed accompagnato presso una Stazione Carabinieri dipendente dalla Compagnia di Taormina.  Le risultanze investigative condotte dai militari trovavano riscontro e risultavano concordanti con la Procura della Repubblica di Messina e analizzate le fattispecie di reato si riteneva la sussistenza di esigenze cautelari gravi ed attuali nei confronti di entrambe gli indagati e specificatamente un concreto e grave pericolo di reiterazione della medesima attività criminosa quale si ricava agevolmente dalle peculiari connotazioni oggettive della condotta delittuosa descritta.

Determinante anche questa volta è risultato essere il coraggio, la determinazione e la collaborazione dimostrata dall’imprenditore che in piena sinergia con la magistratura di Messina e con l’Arma dei Carabinieri ha permesso di assicurare alla giustizia i due.  La loro opera ha permesso agli inquirenti, in tempi  brevissimi, di respingere il fenomeno criminale che cercava di trovare spazio nella fascia costiera jonica e nei comuni limitrofi. Gli investigatori auspicano che altri imprenditori possano con celerità rivolgersi alla magistratura inquirente e all’Arma dei Carabinieri in modo da poter mettere fine al fenomeno, purtroppo ancora presente, delle estorsioni. Gli stessi imprenditori denunciando hanno permesso il brillante risultato, frutto di un certosino lavoro di squadra, e che ha saputo, ridare la libertà a loro stessi che da tempo si vedevano costretti apagare con i loro sacrifici “il pizzo” al sol fine di non avere minacce e ritorsioni ulteriori.        


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