Venerdì 19 Aprile 2024
Parlano i tre sacerdoti che hanno gestito gli ex voto rubati dal museo di Casalvecchio


Oro di Sant’Onofrio: “La comunità non doveva sapere”. In pochi conoscevano il nascondiglio

di Andrea Rifatto | 03/02/2017 | ATTUALITÀ

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Gerry Currò, Agostino Giacalone e Gabriele Sgroi

Emergono le prime risposte agli interrogativi sollevati a Casalvecchio Siculo dopo il clamoroso furto che ha portato alla sottrazione degli ex voto in oro donati dai fedeli al patrono Sant’Onofrio. In paese si è aperto un vero e proprio processo per cercare i responsabili che hanno operato con leggerezza facendo sì che un tale tesoretto potesse essere sottratto dal museo senza troppe difficoltà. “Bisogna porsi delle domande e capire perché l’oro fosse custodito in quel luogo insicuro, quando tutti eravamo convinti fosse depositato in banca: chi ha deciso di riportarlo a Casalvecchio, insieme a quello della Confraternita della Santissima Annunziata, senza avvisare il Comune e la comunità, pensando potesse essere al sicuro?” si è chiesto il sindaco Marco Saetti nel corso dell’assemblea cittadina tenutasi mercoledì sera. Domande che da due giorni tutti si pongono in paese e alle quali abbiamo provato a dare risposta.

Secondo una prima ricostruzione gli 800 oggetti in oro, per un valore di almeno 500mila euro, sono stati custoditi nel museo d’arte a partire da settembre 2010, quando l’allora parroco Gerry Currò preferì lasciarli a Casalvecchio dopo la festa patronale: “Abbiamo fatto un esperimento allestendo una stanza blindata per custodirlo insieme alla statua vecchia di Sant’Onofrio, perché fare avanti e indietro da Messina per prelevarlo dalla banca era complicato, dovevo assumermi ogni volta la responsabilità del trasporto – spiega il sacerdote, oggi alla guida della comunità di Francavilla di Sicilia, molto amareggiato per l’accaduto – e ho fatto installare un sistema di allarme, portoni in ferro e telecamere. A mio avviso quello era un luogo sicuro e senza dubbio nel tempo i sistemi di protezione dovevano essere ulteriormente migliorati, ma è da stupidi dire adesso che la comunità doveva saperlo, non avrebbe avuto senso tenere l’oro nascosto e renderlo noto pubblicamente”. A gennaio 2011 il cambio di parroco e l’arrivo di padre Agostino Giacalone, che decide di continuare a conservare il tesoretto nel museo: “Vista la scelta fatta dal mio predecessore e considerato che a marzo-aprile di quell’anno scadeva il contratto della cassetta di sicurezza in banca, ho ritenuto di lasciare gli ex voto nel museo, riponendoli in un posto diverso noto solo a me, all’interno degli stessi locali. I sistemi di allarme funzionavano perfettamente, ho fatto la manutenzione delle telecamere e non vi era motivo per spostare l’oro. Oltre a me, erano a conoscenza che i preziosi fossero in quella stanza un collaboratore che si occupa della gestione del museo e anche alcuni membri del Comitato dei festeggiamenti di Sant’Onofrio, che mi accompagnavano a prenderlo per cucirlo sul manto della statua, ma non ritenevo fosse giusto farlo sapere a tutto il paese, sarebbe stato rischioso”.

A settembre 2015, però, dopo la festa di Sant’Onofrio, l’allarme si guasta e padre Giacalone si attiva per ripristinarlo: “Ho subito contattato una ditta richiedendo i preventivi, la spesa necessaria si aggirava sui mille 600 euro, già accantonati in accordo con il Consiglio degli Affari economici e avevamo anche concordato l’esecuzione dei lavori, che avrebbero dovuto prendere il via tra l’1 e il 2 ottobre. Ma proprio in quei giorni sono stato trasferito e non mi è sembrato corretto fare quella spesa da parroco di un’altra comunità. Al momento delle consegne – prosegue don Agostino – ho subito segnalato al nuovo sacerdote assegnato a Casalvecchio che le urgenze erano la sistemazione dell’allarme del museo e il ripristino del sistema di funzionamento delle campane della chiesa dei Santi Cosma e Damiano. Tutto messo a verbale dinanzi a padre Francesco La Camera dell’Ufficio Amministrativo della Curia di Messina. Ho inoltre consigliato a don Gabriele Sgroi (attuale parroco) di mettere in rete il collegamento delle telecamere così da poter visionare in tempo reale le immagini”. Giacalone, attualmente alla guida della comunità santateresina di S. Maria di Portosalvo, sta valutando adesso se intervenire pubblicamente per replicare alle discussioni nate mercoledì sera in merito al suo operato durante la permanenza a Casalvecchio.

Don Gabriele Sgroi, preso atto del posto dove veniva custodito l'oro donato dai casalvetini, si mostrò subito perplesso ma decise di non spostarlo né si attivò per ripristinare l’allarme.”Quell’oro non doveva essere lì – dice oggi – ho provato a spostarlo ma in queste piccole realtà ogni cambiamento viene accolto spesso con resistenza. Sono qui da solo un anno e mezzo, sapevo che l’allarme non fosse funzionante al 100% e le telecamere si sono probabilmente staccate in seguito al maltempo di inizio gennaio”. I due occhi elettronici puntati su piazza Sant’Onofrio, infatti, erano misteriosamente spenti da 25 giorni e nessuno si è accorto di ciò. Troppa leggerezza che ha consentito ai ladri di agire indisturbati.

Quello che solleva interrogativi ancora più stringenti è la circostanza che chi ha agito lo ha fatto a colpo sicuro, andando a prelevare l’oro di Sant’Onofrio e della Santissima Annunziata da quell’anfratto nascosto all’interno di una sala del museo d’arte, lasciando altri oggetti e paramenti sacri. Gli ex voto aurei delle frazioni Rimiti e Misitano si sono invece “salvati” perché a quanto pare erano custoditi in chiesa. Come emerso, quindi, a sapere della presenza dell’oro a Casalvecchio, oltre ai tre parroci, era una ristrettissima cerchia di persone vicine alla parrocchia. Saranno le indagini dei carabinieri della Compagnia di Taormina a fare piena luce sulla vicenda e a provare a recuperare i preziosi in oro, di cui non esiste neanche una catalogazione fotografica.

Più informazioni: furto oro casalvecchio  


COMMENTI

Casalvetino doc | il 03/02/2017 alle 12:26:47

La comunità non doveva sapere.. così da non poter dissentire le scelte sbagliate dei preti.. che a questo punto possono definirsi privilegiati che dall'alto della loro posizione non accettano di sentirsi dire che hanno sbagliato...il primo sacerdote coinvolto dichiara che non si prendeva la responsabilità di trasportare il tesoro da Messina..ma scusate e allora invece di fare i parroci perché non ve ne andate a zappare!in questa situazione qualsiasi altro cittadino sarebbe stato indagato..che ciascuno si prenda le proprie responsabilità o sia la Procura a fargliele assumere anche se si tratta di soggetti ahimè privilegiati!

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