Sabato 20 Aprile 2024
Relazione Dia sul secondo semestre 2016. Affari con Cosa nostra e 'Ndrangheta


Mafia, la mappa dei clan a Messina e provincia: la Jonica in mano ai catanesi

di Andrea Rifatto | 17/08/2017 | ATTUALITÀ

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La mappa dei clan della provincia di Messina

Un territorio segnato dalla pervasiva presenza della criminalità organizzata di tipo mafioso strutturata a secondo di come risulti omologata al “modello” vigente nelle aree limitrofe, sia esso palermitano, catanese o calabrese. È quanto rileva la Direzione Investigativa Antimafia nella relazione al Parlamento sull’attività svolta e i risultati conseguiti nel secondo semestre 2016 in provincia di Messina. La criminalità organizzata messinese, sebbene autonoma, subisce l’influenza sia di Cosa nostra che della ‘Ndrangheta, con le quali intrattiene e coltiva rapporti ed alleanze attraverso personaggi ed intermediari di riferimento, in molti casi strumentali a logiche affaristiche. Pur continuando a registrarsi dinamiche relazionali ancora caratterizzate da una spiccata fibrillazione, la dislocazione sul territorio delle consorterie rimane sostanzialmente immutata rispetto al semestre precedente.

A Messina vige una ripartizione territoriale dei quartieri, ove le consorterie gestiscono, tra l’altro, lucrose attività connesse al controllo del gioco d’azzardo ed alle scommesse clandestine. Nella zona sud domina il gruppo criminale Spartà-Pellegrino, radicato soprattutto nel quartiere Santa Lucia sopra Contesse e nella frazione Santa Margherita; nella zona centro il quartiere Provinciale è sottoposto al controllo del gruppo Lo Duca; il quartiere Camaro vede la pervasiva presenza del clan Ferrante-Ventura-Vadalà-Campolo; nel quartiere Mangialupi opera l’omonimo clan caratterizzato da cellule di tipo familistico risalenti alle famiglie Aspri-Trovato-Lo Duca-Trischitta; nella zona nord, infine, insiste, entro il quartiere Giostra, il gruppo criminale Galli-Gatto.

La zona jonica subisce l’influenza dei clan catanesi: la famiglia Santapaola-Ercolano, per il tramite dei Brunetto e Cintorino, esercita il controllo sulla Valle dell’Alcantara e sui comuni di Giardini Naxos, Taormina, Letojanni, Gaggi, Francavilla, Malvagna e Castiglione di Sicilia; il clan Laudani, insieme ai Cappello, estende la propria influenza anche a Roccella Valdemone, Moio Alcantara e Taormina.

Il territorio affacciato sul Mar Tirreno risente dell’egemonia del sodalizio mafioso cosiddetto dei “Barcellonesi”, che si compone di quattro gruppi, ciascuno con distinte competenze territoriali: gruppo dei Barcellonesi, dei Mazzarroti, di Milazzo e di Terme Vigliatore, con propri riconosciuti esponenti di vertice. Il sodalizio che si caratterizza per la forte rivalità interna e risente ancora degli effetti delle collaborazioni e dell’efficace attività di contrasto. Privata dei suoi esponenti di vertice, l’organizzazione sembrerebbe aver in parte perso il suo ruolo di primazia tra i gruppi criminali della fascia tirrenica. Le sue attività criminali, condotte da giovani leve spregiudicate, sarebbero per lo più finalizzate al sostentamento dei numerosi affiliati in carcere.

Nella zona nebroidea, le cui consorterie criminali sono balzate all’attenzione nazionale a seguito dell’attentato in danno del presidente dell’Ente Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, tra Cesarò e San Fratello nella notte tra il 17 e 18 maggio 2016, si registra ciclicamente una certa vitalità. In tal senso, nel secondo semestre delo scorso anno, sebbene non sia al momento chiaro l’obiettivo del gesto intimidatorio, ignoti hanno dato fuoco all’Ufficio Informazioni di un’associazione operante all’interno del Parco. È noto come la vocazione agro-pastorale dell’area abbia polarizzato gran parte degli interessi dei sodalizi che, nel tempo, avrebbero messo a punto un complesso sistema fraudolento per intercettare indebitamente fondi pubblici. Tuttavia, la corale attività di prevenzione, che ne ha consentito l’individuazione e le conseguenti azioni repressive, nonché l’ulteriore intensificazione dei controlli e le conseguenti azioni repressive, risultano senza dubbio fattori destabilizzanti per le mafie locali. Non vanno comunque trascurati alcuni segnali, anche se non connotati da profili mafiosi. Nel semestre, la propensione ad usurpare le risorse ambientali è emersa anche in esito a puntuali verifiche sul comparto zootecnico da parte della Polizia di Stato. A dicembre è stata infatti sgominata un’associazione per delinquere finalizzata al furto, alla macellazione clandestina nonché al maltrattamento di animali costituita da allevatori, macellai e veterinari che avrebbero garantito, mediante false attestazioni, la regolarità sanitaria delle carni130. Ad ogni modo, l’ingerenza della criminalità organizzata non sembra risparmiare neanche l’economia di questo territorio, attraverso le più tradizionali attività illecite, quali l’estorsione e l’usura. Queste ultime, insieme al traffico di stupefacenti, costituiscono un valido canale per ottenere liquidità, necessaria al sostentamento di sodali e familiari oltre che per reinvestire capitali in operazioni illecite. Per quanto concerne il traffico di droga si conferma il fervente attivismo di soggetti contigui alle famiglie mafiose tortoriciane da tempo in affari col clan Mangialupi e con la ‘ndrina “Nirta-Strangio. 


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